«Aleppo, è guerra sporca:
usati i gas per uccidere»

«Aleppo, è guerra sporca: usati i gas per uccidere»
di Antonio Manzo
Sabato 5 Novembre 2016, 18:47 - Ultimo agg. 19:03
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Roma. «Ora anche gas velenosi per sterminare un popolo, non più solo bombe e missili sulla città di Aleppo, distrutta e martoriata in questa guerra assurda che il mondo dimentica. Da poche ore le milizie armate stanno utilizzando ordigni carichi di esalazioni tossiche contro la zona ovest della città controllata dal governo di Assad. Nel flagello di Aleppo cova la scintilla che può far scoppiare quella terza guerra mondiale che per il momento, come ha osservato Papa Francesco, è combattuta a pezzi. La tregua di un giorno, appena annunciata, non servirà a niente».
L'iPhone di padre Ibrahim Alsabag, parroco francescano di Aleppo, contiene un reportage di guerra con aggiornamenti continui. Il frate è a Roma, ripartirà tra due giorni per tornare nella sua parrocchia rimasta senza tetto perché sfondato da un missile. Ha quarantacinque anni, è nato a Damasco e ha studiato teologia all'Antonianum di Roma. Ascolta le notizie delle scosse continue che si susseguono nel Centro Italia, e subito ti dice: «Laggiù, ad Aleppo, è come se ci fosse un terremoto continuo, la terra trema per i missili e le bombe, la case cadono a pezzi ora dopo ora. Non c'è acqua, non c'è energia elettrica, per far funzionare piccoli gruppi elettrogeni dobbiamo ricorrere al mercato nero per avere un po' di nafta. Alle porte del convento, dove viviamo noi, quattro frati francescani, bussa il popolo martoriato. È una Via Crucis quotidiana». Un tocco sullo smartphone. Il frate apre la galleria fotografica. Scatti di feriti in ospedale, gambe tranciate dalle bombe, e poi le immagini dei morti, dodici, dei bombardamenti di ieri lanciati dall'artiglieria delle milizie armate: opera di terroristi islamici che hanno preso di mira i quartieri controllati dal governo anche con autobombe.

Aleppo è divisa in due parti: a est gli insorti e a ovest i lealisti. Il convento dove è situato?
«Il convento di san Francesco si trova nel quartiere di Azizieh, a pochi metri dalla linea del fronte. Il succedersi dei bombardamenti incessanti ha portato la gente a fuggire. Cinque anni fa Aleppo contava 4 milioni di abitanti: oggi sono rimasti in un milione e mezzo».

Che cosa chiede chi è rimasto quando bussa alla porta del vostro convento?
«La nostra porta è sempre aperta. Ogni mese aiutiamo migliaia di famiglie con viveri e medicine, aiutiamo a riparare case danneggiate, sosteniamo giovani all'università, abbiamo perfino creato un oratorio per accogliere i bambini. Arrivi a sera e non ti spieghi dove hai trovato forza morale e soldi per aiutare tutti. Siamo davvero strumenti della Provvidenza, non può spiegarsi altrimenti».

La sua comunità francescana ha raccontato anche al Pontefice di questa tragica esperienza pastorale ad Aleppo?
«Abbiamo incontrato Papa Francesco tre volte. Non solo è molto informato ma nell'ascoltare i nostri racconti, ha chinato il capo commosso come se si fosse raccolto in preghiera. Alla fine, quando ci siamo salutati, il suo abbraccio è valso più di una lunga enciclica sulla pace».

Un paese assediato: da un parte i russi e Assad, dall'altra le truppe della cosiddetta coalizione a guida americana. Come se ne esce?
«I raid di morte non hanno mai giustificazione politica. Noi dobbiamo stare anche attenti al linguaggio perché ormai la realtà tragica è che rischi di passare per governativo, con tutto quel che ne consegue. Ma Assad e Putin stanno esercitando una difesa. I potenti della Terra non vogliono trovare una soluzione per la Siria martoriata. La comunità internazionale deve costruire fatti, non proclamare intenzioni di pace».

È una guerra di religione animata dal fondamentalismo islamico?
«Guerra di religione? È una spiegazione molto riduttiva. Esistono di certo risvolti etnico-religiosi, ma ci sono motivazioni geopolitiche ed economiche ben più consistenti. Ci sono in gioco gli interessi per la conquista dei canali di approvvigionamento del gas per l'Europa, e la concorrenza tra la Russia di Putin e l'Iran con l'Arabia Saudita e i Paesi arabi. L'elemento religioso non è quello prevalente».

Non può negare che c'è una persecuzione contro i cristiani.
«Quando cadono centinaia di missili, non si fanno tante differenze tra musulmani e cristiani. Non sempre l'odio dei fondamentalisti viene rivolto direttamente sui cristiani. I musulmani che conosciamo e vivono accanto a noi si sentono anche loro perseguitati dai fondamentalisti che lanciano bombe e missili. È vero che c'è una persecuzione contro i cristiani. Ma la verità è che i jihadisti odiano e uccidono tutti».

Come giudicano i cristiani il regime di Bashar al Assad?
«La Siria deve cambiare ma non attraverso la forza delle armi. Assad è stato votato dal popolo, ha garantito sempre le minoranze, e per noi va bene fin quando garantisce il rispetto delle minoranze. Voi occidentali siete spinti dalla volontà di ricercare sempre il colpevole di quel che avviene, finendo così per dare una lettura parziale del conflitto siriano. Come dire? I russi, ad esempio, sono sempre i cattivi. Ma ci vuole realismo per avere la pace. L'Occidente cominci a riconoscere le sue responsabilità: sono decine i Paesi che traggono profitti dal conflitto siriano».

Non ha mai paura?
«No, perché ho una Croce pesante sulle spalle che solo Dio ogni giorno mi aiuta a sostenere. Cammino così, con il mio popolo martoriato».