Sottomarino scomparso, l'ultimo allarme prima del black out: «Avaria batterie»

Foto: Epa/Argentina Navy Handout
Foto: Epa/Argentina Navy Handout
Lunedì 20 Novembre 2017, 19:06 - Ultimo agg. 21 Novembre, 07:42
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È ancora ignota la sorte dei 44 membri dell'equipaggio del sottomarino argentino San Juan, di cui non si hanno tracce da mercoledì 15 novembre. Emerge però qualche particolare sulle ultime comunicazioni avute dai militari al suo interno, prima della sparizione al largo della Patagonia.

Secondo quanto ha detto il portavoce della marina militare argentina a Mar del Plata, base operativa dell'Ara San Juan, infatti, prima dell'interruzione delle comunicazioni, dal sottomarino era stato lanciato un allarme per una presunta avaria delle batterie: «Siamo stati informati di questa avaria, ed è per questo che si è cambiata la rotta della nave, dirigendola verso Mar del Plata», ha detto Galeazzi, che ha poi spiegato di essere stato contattato dal San Juan per 
informare di «un corto circuito» nelle batterie, mentre navigava in superficie. Per questo è stata fissata una nuova rotta di navigazione più diretta per il suo rientro a Mar del Plata. Successivamente, ha aggiunto Galeazzi, il comandante del San Juan ha informato che stava procedendo sulla nuova rotta e che a bordo stavano tutti bene. Il portavoce militare ha anche confermato che per quanto riguarda possibili comunicazioni o tentativi di comunicazione satellitare dal sottomarino nei giorni seguenti «gli esperti hanno analizzato l'intero spettro, con oltre 400 segnali diversi e nel loro rapporto hanno confermato che nessuno veniva dal San Juan».
 

 

Le ricerche, intanto, proseguono senza sosta, anche se l'«assenza di indizi chiari» e le persistenti condizioni climatiche avverse nell'Atlantico meridionale aumentano «l'incertezza» sul destino dell'equipaggio. A dirlo è stato il portavoce Marina militare argentina Enrique Balbi. Le operazioni sono difficili a causa dei forti temporali, con onde fra i 5 e 6 metri, che insistono sulla zona rettangolare a sudest della Penisola di Valdés, a circa 430 km dalla costa della provincia patagonica di Chubut. Balbi ha indicato che si tratta dell'«operazione di ricerca più intensa degli ultimi 30 anni», con l'intervento di 10 aerei e 11 navi, e alla quale collaborano unità militari e logistiche di Brasile, Cile, Uruguay, Gran Bretagna e Usa. Balbi ha poi negato che ci siano state comunicazioni successive a quelle di mercoledì: le chiamate di cui si era parlato nelle ultime ore «non corrispondono al telefono satellitare del sottomarino San Juan», ha dichiarato. 

Qualcuno, in verità, coltiva ancora qualche speranza. Come il capitano di vascello Decio Trinca, dello stato maggiore della marina militare. Sentito dall'Ansa, Trinca ha sottolineato che «non è la prima volta che si sono perse le tracce di un sottomarino e in ogni occasione sia il personale che i mezzi intervenuti si sono rivelati efficaci, sia nelle fasi di ricerca che in quelle di soccorso».

Trinca spiega che «esistono mezzi tecnologicamente avanzati che consentono di svolgere le ricerche e prestare soccorso al sottomarino e al suo equipaggio». Riguardo alle condizioni nell'Atlantico meridionale, poi, «queste sono sì difficili, ma non proibitive». Il problema principale è la localizzazione del sottomarino, che non si sa dove si trovi né a che profondità. «Quello che si sta facendo - spiega ancora Trinca - è cercarlo con i sonar delle navi che stanno pattugliando il tratto di mare dove si presume possa trovarsi. Nel momento in cui il sonar dovesse individuare qualcosa, una sagoma, allora entreranno in campo dei robot teleguidati per andare a controllare meglio e più da vicino».

Una volta localizzato il sommergibile, l'operazione di soccorso dell'equipaggio si svolgerà «appontando sul sottomarino. Una particolare campana subacquea verrà posizionata sul portellone, si creerà il vuoto e, attraverso questo sistema, il personale potrà essere messo in salvo». Naturalmente, osserva l'ufficiale, «il fattore tempo è determinante».
Per questo tipo di sottomarino si parla di un'autonomia standard di sette giorni, «ma la sopravvivenza all'interno può essere anche molto più lunga. L'acqua, il cibo e l'ossigeno possono essere ulteriormente razionati. Certo, le condizioni dell'aria saranno peggiori col passar del tempo, ma ci sono dei sistemi chimici che la rigenerano». Questo, ovviamente, nella migliore delle ipotesi, che però con il passare delle ore sembra sempre più lontana, a maggior ragione dopo quanto emerso nelle ultime ore.


 

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