Il Commissario Ue Avramopoulos: «Sui profughi bene la linea dell'Italia»

Il Commissario Ue Avramopoulos: «Sui profughi bene la linea dell'Italia»
di Teodoro Andreadis Synghellakis e Fabio Veronica Forcella
Domenica 1 Aprile 2018, 00:05 - Ultimo agg. 12:25
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«Voglio ringraziare a nome dell’Europa il lavoro del ministro Minniti e delle forze dell’ordine italiane». Sono le parole del Commissario europeo per la migrazione Dimitris Avramopoulos che, in questa intervista a Il Messaggero, dopo le numerose operazioni antiterrorismo condotte dalla nostra intelligence, sembra avere le idee molto chiare anche sul futuro: «Non credo il nuovo governo cambierà la strategia europea del Paese».

Commissario, nei giorni scorsi in Italia ci sono state importanti operazioni di polizia, con arresti ed espulsioni di terroristi legati all’Isis.
«Accolgo con favore le rapide operazioni e gli arresti delle autorità italiane dei giorni scorsi. Ma, come prima cosa, ci tengo ad elogiare e lodare il lavoro del ministro dell’Interno italiano, Marco Minniti. Grazie alla sua guida, le forze di intelligence e di polizia stanno facendo un lavoro estremamente importante sul campo. La sicurezza dei cittadini dell’Ue dipende da loro e gli siamo grati».

È una Pasqua decisamente blindata questa. E anche Frontex nei giorni scorsi si è detta preoccupata per l’allarme terrorismo in Europa. Una minaccia realmente elevata?
«Come abbiamo già detto subito dopo gli ultimi tragici eventi in Francia, la minaccia terroristica in Europa non sta diminuendo. Ma l’Unione europea non è stata con le mani in mano».

Cosa si sta facendo?
«Negli ultimi due anni abbiamo continuato a sviluppare e costruire un’Unione di sicurezza autentica ed efficace. Chiunque attraversi oggi le nostre frontiere esterne deve essere sistematicamente controllato. Inoltre, abbiamo rafforzato e ampliato le norme per perseguire il terrorismo e ogni sua forma di supporto o preparazione. Abbiamo aumentato il sostegno finanziario e operativo ai nostri Stati membri, allo scopo di proteggere meglio gli spazi pubblici. Inoltre, abbiamo intensificato gli sforzi per combattere la radicalizzazione, sia sul campo che online, attraverso il Forum Internet dell’Ue».

Eppure, preoccupano sempre di più gli sbarchi che sfuggono ai controlli. Cosa sta facendo l’Europa per limitare questo rischio?
«Prima di tutto, permettetemi di dire che gli arrivi nell’Ue sono monitorati, registrati e controllati, non solo grazie ai controlli sistematici realizzati dagli Stati membri alle nostre frontiere esterne, ma anche attraverso gli agenti di sicurezza di Europol. In secondo luogo, mentre sappiamo che ci sono stati casi di infiltrazione di jihadisti in passato, la maggior parte degli attacchi terroristici in Europa sono stati condotti da soggetti radicalizzati nati in Europa. Il recente aggressore di Trèbes non era mai stato all’estero. Ecco perché, oltre a rafforzare la gestione delle frontiere, abbiamo anche bisogno di migliorare lo scambio di informazioni, all’interno degli Stati membri ma anche con gli altri paesi. Chi è sospettato di essere un terrorista non deve essere in grado di attraversare i nostri confini inosservato. Come dicevo, è fondamentale il lavoro di contrasto alla radicalizzazione. Dobbiamo intensificare i nostri sforzi, sul terreno e su Internet, per evitare che giovani menti impressionabili cadano nella rete dei reclutatori di terroristi».

Il rischio, oggi, arriverebbe soprattutto dall’Algeria e dalla Tunisia…
«Insieme agli Stati membri che sono in prima linea e all’Agenzia europea delle guardie costiere e di frontiera, monitoreremo da vicino gli arrivi dalla Tunisia e dall’Algeria. Stiamo anche cercando di sviluppare la collaborazione con l’Algeria e d’intensificare il dialogo e la cooperazione con la Tunisia per arginare gli arrivi irregolari e aumentare i rimpatri. Grazie all’assistenza dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera e di Europol, coloro che arrivano negli hotspot in Italia sono sottoposti a controlli di sicurezza completi: controlli che comprendono una procedura completa di identificazione, registrazione e rilevamento delle impronte digitali con un incrocio delle informazioni rispetto a tutte le banche dati internazionali, Ue e nazionali pertinenti. Uno screening ulteriore di sicurezza viene fatto da Europol. 18 agenti stranieri sono attualmente schierati in Italia per realizzare questi ulteriori controlli».

Frontex ha anche registrato una significativa diminuzione degli sbarchi in Italia. Come lo spiega, visto l’aumento verificatosi, al contrario, in Spagna?
«Grazie al lavoro di Minniti che ha guidato l’Italia verso una migliore e più forte gestione dei flussi migratori. Ha preso iniziative importanti in nome dell’Europa e dell’Italia. Grazie anche allo sforzo collettivo di tutti, nell’ultimo anno, gli arrivi in Italia sono diminuiti drasticamente: nel 2018 si registra il 73,38% di arrivi in meno rispetto all’anno precedente. L’Italia è una grande nazione europea e gli italiani sono tra i più europeisti. Per questo, non credo che il nuovo governo cambierà la strategia europea del Paese. Parallelamente, stiamo tenendo sotto controllo la situazione nel Mediterraneo occidentale insieme alla Guardia costiera e di frontiera europea e siamo pronti a offrire più sostegno alla Spagna, se necessario».

Il problema dei migranti è sempre molto avvertito dai cittadini. Eppure, una riforma del Trattato di Dublino tarda ad arrivare. Realisticamente, quanto tempo ci vorrà ancora?
«Gli Stati membri hanno convenuto che entro giugno sarà concluso un accordo su Dublino e l’intera riforma del sistema europeo di asilo. Le discussioni sono in corso e spero che, insieme alla Presidenza bulgara, si possa trovare un accordo ambizioso ed equo entro quella data. Raggiungere questo risultato è nell’interesse di tutta l’Unione europea».

Negli ultimi mesi il Presidente turco Erdogan ha alzato i toni. Dobbiamo temere che saltino gli accordi sottoscritti e che si riapra la rotta dalla Turchia?
«Il recente vertice di Varna ha avuto successo nel rilanciare un dialogo aperto e costruttivo con la Turchia e nel ristabilire un clima di fiducia. Dobbiamo concentrarci sulle aree di interesse e sulle ambizioni che ci uniscono, non su quelle che ci dividono. Sulla base della nostra partnership storica e della cooperazione esistente, la Turchia e l’Europa devono muoversi insieme: è solo unendo le forze che possiamo affrontare sfide comuni. Come partner strategici in molti settori, l’Ue e la Turchia continueranno a dialogare tra loro e a progredire nelle aree di interesse comune».

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