Ossigeno fino al 3 dicembre.
Biden evita il peggio dello “shutdown” e, grazie a una convergenza bipartisan, il Congresso approva un’estensione e un debito che garantiscono al governo federale la quiete dei soldi in cassa. Almeno per un altro po’.
Ma la partita della politica economica americana, giocata sul filo della mezzanotte scorsa, non è affatto conclusa e paradossalmente infuria tutta nella metà campo della sinistra, dov’è in corso un confronto-scontro tra la prudenza dei moderati e l’azzardo dei progressisti.
Nel frattempo, però, il presidente incassa un duro colpo, una battuta d’arresto importante: il suo maxi piano per le infrastrutture, che da solo vale la mostruosa cifra di mille miliardi di dollari, ad ora è fermo.
Un elemento di grande rilevanza sostanziale che la Casa Bianca considera fondamentale in chiave ripartenza post pandemia e più in generale nell’ottica di un definitivo sviluppo del Paese tra strade, ponti e ferrovie (negli Usa assai meno strutturate di quanto si possa pensare osservando dall’Europa).
Un elemento, tuttavia, altresì di grande rilevanza formale. Perché proprio nella sua chiave fortemente simbolica di colossale investimento sulla nazione si fonda la possibile alleanza con i repubblicani, cui questo tipo di registro sta storicamente a cuore.
A sbarrare la strada, quasi incredibilmente, Nancy Pelosi.
La Speaker (democratica!) della Camera, infatti, si fa portavoce anche di un gruppo ristretto di rappresentanti che vincolano l’eventuale adesione al maxi piano a un irrobustimento del pacchetto sociale fatto di servizi, sanità, lavoro e lotta al cambiamento climatico.
Eppure nonostante certe distanze, mentre lascia Capitol Hill a notte fonda, Pelosi si dice ottimista:
«Oggi, venerdì primo ottobre, si vota e si chiude».