Johnson, Brexit e Usa: ecco perché Trump celebra il “Trump britannico”

Johnson, Brexit e Usa: ecco perché Trump celebra il “Trump britannico”
di Luca Marfé
Venerdì 13 Dicembre 2019, 15:00
2 Minuti di Lettura
Il “Donald Trump britannico” e Donald Trump, quello vero.

Boris Johnson stravince le elezioni e tira dritto verso Brexit.

Le ragioni sono note e sono state sbandierate ai quattro vènti da chi non crede più in un’Unione Europea prigioniera di burocrati e vincoli, e al tempo stesso carceriera di economie e Paesi.

Accanto alle posizioni personali e di partito, emerge però un altro elemento enorme: gli Stati Uniti.

Johnson e Trump sono simili.

Nell’aspetto, con i loro parrucchieri che pare quasi si siano messi d’accordo.

Ma soprattutto nelle idee, contrarie a un mucchio di cose che qualcuno vorrebbe far passare come necessarie, addirittura prestabilite.

Il politically correct, rifiutato da entrambi con un bel calcione, talvolta assai più che metaforico. I sondaggi e la cosiddetta informazione mainstream che sembrano remare in una direzione mentre la democrazia va nella direzione opposta. Il globalismo soltanto apparentemente irreversibile che i due sognano di far rientrare nel perimetro dei confini nazionali.

Quanto ha inciso Trump sulla Brexit e quanto può incidere all’indomani dell’uscita del Regno Unito dalla UE?

Tanto.


Secondo alcuni analisti locali, nelle ultime settimane Johnson avrebbe persino giocato a prendere le distanze da un presidente americano la cui popolarità in Inghilterra è ai minimi storici. Particolarmente visibile, in effetti, la vicinanza del premier britannico ai rivali Trudeau e Macron in occasione del recente vertice Nato di Londra. Con il tycoon quasi lontano, almeno in ottica telecamere.

Ammesso e non concesso che tale sensazione oltre che diffusa fosse anche fondata, ora le carte possono però tornare scoperte.

La sicurezza ostentata da Johnson, premiata da una percentuale di elettori che vanta pochi precedenti, si fonda sulla mano tesa di Trump. Che lo sostiene idealmente da qui a gennaio e che promette scenari vasti, addirittura storici. Su tutti, un colossale accordo commerciale che via Twitter non esita a definire «di gran lunga più grande e più conveniente di qualsiasi accordo che possa essere sottoscritto con l’UE».



«Festeggiate Boris!», strilla ancora The Donald nel suo cinguettio digitale.

«Festeggiate il nuovo asse anglo-americano», verrebbe da aggiungere.

In casa Europa, invece, c’è ben poco da festeggiare.
Con uno dei pezzi più importanti che se ne va.
Pure sbattendo la porta, a colpi di democrazia.

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