Spagna, Catalogna al voto in piena pandemia

Spagna, Catalogna al voto in piena pandemia: separatisti favoriti. Ma il partito socialista è in crescita
Spagna, Catalogna al voto in piena pandemia: separatisti favoriti. Ma il partito socialista è in crescita
di Elena Marisol Brandolini
Domenica 14 Febbraio 2021, 14:45 - Ultimo agg. 15:24
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Barcellona - Si celebrano oggi in Catalogna, in piena pandemia, le elezioni per eleggere il parlamento che indicherà il prossimo presidente della Generalitat. Chiamati al voto sono 5.624.044 catalani e catalane, di cui oltre 255.000 residenti all’estero, l’1,25% in più rispetto alle elezioni del 2017. I collegi sono 2.763 e i seggi 9.139, 892 in più rispetto alla scorsa competizione elettorale, per consentire il voto in sicurezza sanitaria.

 

Le misure di precauzione assunte sono molte e vanno dal mantenimento della distanza dentro e fuori il collegio, l’uso di gel e della mascherina e la misurazione della temperatura per i votanti, all’equipaggiamento dei componenti dei seggi che sono stati invitati, negli scorsi giorni, a farsi un test veloce. Sono anche state definite delle frange orarie per tipologia di rischio della popolazione: dalle 8 alle 12 è il turno delle persone anziane e vulnerabili, dalle 12 alle 19 vota tutto il resto della popolazione, eccetto le 14.000 persone contagiate dal Covid e le altre 70.000-80.000 in quarantena che disporranno dell’ultima ora fino alle 20 per esercitare il loro diritto al voto. Per posta ordinaria ha già votato il 5% dell’elettorato, oltre 284.000 persone, il 350% in più rispetto al 2017.

Quando, passate le 10 del mattino, il governo della Generalitat annuncia che si è costituito il 97,4% dei seggi, tutti in Catalogna tirano un sospiro di sollievo: la giornata elettorale si celebrerà normalmente come sempre e i risultati arriveranno nelle prime ore della sera. Il problema, infatti, questa volta, è stato l’altissimo numero di richieste di esonero arrivato dalle persone sorteggiate per i seggi che ne ha messo a rischio la formazione: oltre 33.000 domande, il 38% del totale, che la Giunta elettorale non è riuscita a esaminare per completo.

Ma alla fine, con le sostituzioni opportune, sono solo 30 i seggi che non hanno potuto aprire, concentrati soprattutto a L’Hospitalet, nell’area metropolitana di Barcellona.

Così, in una giornata livida di freddo e pioggia, le code di persone in attesa di votare crescono ordinate fuori dai seggi. Alle 13 aveva votato il 22,6% degli avanti diritto, 12 punti in meno rispetto al 2017 quando però la partecipazione al voto era stata eccezionale e prossima al 75%. Una riduzione ascrivibile alla paura del contagio, ma su cui pesa anche la divisione dell’elettorato in fasce orarie e il voto per posta che verrà conteggiato questa sera stessa nello scrutinio complessivo.

I candidati: Illa, Aragonès, Borràs

Queste elezioni si celebrano a tre anni di distanza da quelle del dicembre 2017, quando in Catalogna le istituzioni erano commissariate dall’articolo 155 della Costituzione a seguito della dichiarazione unilaterale d’indipendenza. Oltre il livello dell’astensione che potrà essere determinante sull’esito del voto, l’incognita principale è quella del risultato finale. L’indipendentismo misura la tenuta della sua maggioranza parlamentare e i rapporti di forza interni, sottoponendo al suo elettorato le differenti strategie per risolvere il conflitto catalano.  L’unionismo non è più compatto come sembrava nell’autunno 2017, perché i socialisti sono ora al governo del paese e hanno un proprio candidato, l’ex-ministro della Sanità Salvador Illa, che compete per il primo posto con i candidati indipendentisti di Esquerra, Pere Aragonès e di Junts, Laura Borràs. Nella destra si lotta per il primato, con le previsioni che danno Ciutadans in caduta libera e Vox per la prima volta in parlamento, davanti al Partido Popular. Sarà perciò un risultato che avrà un impatto sul quadro politico generale. E che necessiterà di una logica di patti per configurare il futuro governo catalano.  

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