La follia dei celibi involontari: quella galassia sul web tra odio e voglia di vendetta

La follia dei “celibi involontari”. Quella galassia sul web tra odio e voglia di vendetta
La follia dei “celibi involontari”. Quella galassia sul web tra odio e voglia di vendetta
di Flavio Pompetti
Venerdì 23 Luglio 2021, 08:30 - Ultimo agg. 08:32
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Loro si definiscono celibi involontari, una classificazione che tradisce la frustrazione che provano nei confronti delle donne, e l'incapacità di avere rapporti lineari con l'altro sesso. La comunità scientifica che da tempo li studia, quando riesce ad avvicinare gli angoli del dark web nei quali comunicano, chiama la sindrome che li accomuna virilità tossica, per descrivere l'avvelenamento della capacità di giudizio che li affligge, tra isolamento e fantasie di vendetta sanguinaria. 

L'etichetta è apparsa sul web nel 1993 coniata da una certa Alana, una studentessa canadese che dibatteva in pubblico l'indifferenza che provava nei riguardi dei rapporti sentimentali.

Qualche anno dopo la giovane si rese conto che il disagio era dovuto alla omosessualità non ancora accettata. Una volta trovata la strada, Alana smise di chattare sul sito che aveva creato. Nel frattempo però il concetto era stato sequestrato da un gruppo ben diverso di persone.

Maschi eterosessuali che si sentono minacciati dalla richiesta di emancipazione femminile e finiscono per rivendicare l'isolamento sessuale come un manifesto della propria misoginia. La solitudine diventa una tana oscura nella quale nascono progetti di rivalsa contro le donne, tutte le donne. L'odio si allarga a connotazioni razziali e assume punte di violenza inaudite, come abbiamo appena visto nella strage evitata dalla polizia in Ohio. Non esiste un vero e proprio gruppo dei cosiddetti Incel; più che una identità specifica si tratta di un'accozzaglia rimasticata di idee suprematiste che hanno però un bersaglio comune: le donne.

Questa associazione mette insieme i più grandi stragisti del nostro tempo: da Anders Behring Breivik che nel 2011 uccise 77 persone nell'isola norvegese di Utoia, a Brenton Harrison Tarrant che due anni fa tolse la vita a 44 persone nella moschea di Christchurch in Nuova Zelanda. La comunità ha un suo idolo in Elliott Rodger, che nel 2014 ammazzò sei giovani studentesse nel campus di Isla Vista in California, e persino un luogo di pellegrinaggio: l'università di Tallahassee in Florida, dove negli anni '70, in piena fase di formazione del moderno movimento femminista, Ted Bundy uccise parte delle sue trenta vittime, tutte donne. 

Stando a uno studio apparso sulla rivista Mother Jones la matrice più o meno dichiarata della cultura Incel appartiene all'86% degli autori delle stragi negli Usa degli ultimi 25 anni. La relazione è lampante nei casi di estrema violenza domestica, che ammontano al 58% di quelli che vengono definiti mass shootings: assalti con quattro o più vittime. Ma a ben guardare, la frequentazione di siti che nobilitano la misoginia e incoraggiano la violenza nei confronti delle donne è il tratto comune della gran parte delle persone che scendono in strada armati con l'intenzione di seminare morte nella comunità. L'odio nasce nella maggior parte dei casi tra le mura domestiche: la quasi totalità degli stragisti ha alle spalle episodi di violenza perpetrata ai danni di una partner o di una donna della famiglia. 

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