Dal Cile al Venezuela, l’America Latina è un continente in fiamme

Dal Cile al Venezuela, l’America Latina è un continente in fiamme
di Luca Marfé
Mercoledì 23 Ottobre 2019, 11:15 - Ultimo agg. 24 Ottobre, 00:00
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L’America Latina fa i conti con se stessa e brucia. Letteralmente.

L’Occidente sobbalza e si risveglia di colpo. Dalle proprie narrazioni ideologizzate, talvolta fantasiose, talvolta persino antioccidentali.

Santiago del Cile è soltanto la punta di un iceberg che sta affondando da almeno un decennio.
E che oggi, grazie all’orgoglio di popoli fieri e nonostante tutto ancora vivi, non ci sta a colare a picco.
E che ora, tra manifestazioni e disordini, scuote il mondo.





Un continente intero che qualcuno ha fatto finta di non vedere. Di non capire. Di non cogliere dietro ai numeri di una crescita spesso falsata, sempre e comunque appannaggio dei ricchi e mai concessa ai poveri.

Con gli ultimi ogni giorno un po’ più ultimi e progressivamente più lontani da un benessere che non gli è dato neanche di poter annusare. E che, viceversa, sono strangolati nella morsa del carovita, di tassi di inflazione difficili anche soltanto da calcolare, della delinquenza che si converte in insicurezza cronica, di servizi nel migliore dei casi inefficienti e nel peggiore invece assenti, più in generale, insomma, di uno Stato percepito più come un nemico che non come un perimetro di opportunità all’interno del quale muoversi.

Ci si muove ancora, sì. Ma per andar via.

Il Venezuela è l’esempio più eclatante, con Maduro che non molla di un centimetro e con milioni di venezuelani oramai fuggiti e sparpagliati ovunque nel mondo fuorché tra Caracas e dintorni.



Le speranze di cambiamento, qui come altrove, non sono solo disattese. Sono accoltellate al cuore da politici e da interi sistemi il cui unico interesse è quello di rimanere là dove sono adesso, costi quel che costi.

Regimi più o meno recenti, indifferentemente di destra e di sinistra, concentràti su loro stessi e sulle loro clientele (militari e non), aggrappati a oltranza alla scusa che tutti i mali dell’universo siano “figli” degli americani e infine insensibili al destino di società scollegate in primis al loro interno.

Con il divario tra classi che da crepaccio di rischio diventa abisso di vuoto.

Chi, vittima della fretta di circoscrivere una ragione, sentenzia che il Cile sia esploso a causa dell’aumento dei biglietti della metropolitana non si limita a rimanere sulla superficie inutile di un dossier invece enorme, ma dimostra in maniera plateale di non conoscerlo affatto.

Di non conoscere, cioè, un continente troppo spesso ignorato e ancor più spesso raccontato sulla base delle proprie convenienze politiche.
A tratti persino mitizzato.

La verità, però, ha il brutto (meraviglioso) vizio di ritornare, di esplodere di colpo.
E allora tutto brucia. Di rancore, di riscatto e di rabbia.


(15 morti e circa 1000 persone fermate. «Siamo in guerra», ha dichiarato il presidente cileno Sebastián Piñera. Che ora, però, chiede scusa)

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