Cina-Iran, schiaffo a Biden: firmato un patto di 25 anni

Cina-Iran, schiaffo a Biden: firmato un patto di 25 anni
di Erminia Voccia
Domenica 28 Marzo 2021, 00:00
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Mentre l’Amministrazione Biden cerca di sboccare i negoziati per un nuovo accordo sul nucleare iraniano, Pechino mette a segno una mossa che dimostra quanto sia in grado di influenzare le trattative sul nucleare, compromettendo l’efficacia delle pressioni economiche degli Usa sull’Iran, prima ancora che Washington e Teheran si dicano pronte a sedersi di nuovo una di fronte all’altra. Gli Stati Uniti con Donald Trump, come è noto, nel maggio del 2018, sono usciti dall’accordo sul nucleare siglato nel 2015 con l’Iran. Da quel momento in poi, la Cina ha assunto, come del resto ha fatto la Russia, una posizione molto più conservativa, qualificandosi come uno dei maggiori artefici dell’uscita dall’isolamento internazionale dell’Iran. La morte del generale Soleimani avvenuta per mano americana a gennaio 2020 in Iraq aveva compromesso ulteriormente le speranze di ripristinare l’accordo sul nucleare firmato da Obama con Teheran, scrivendo la parola fine anche alle iniziative, fallite, intraprese in tal senso dagli europei. 


Per l’ambasciatore iraniano a Pechino, l’uccisione del generale Soleimani aveva segnato «il punto di partenza dell’uscita degli Stati Uniti dall’Asia occidentale».

E infatti, a seguito dell’attentato, l’Iran ha compiuto il quinto e ultimo passo nella ripresa del proprio programma atomico.

Come conseguenza, Francia, Germania e Regno Unito hanno denunciato l’Iran per il mancato rispetto dei termini sul programma nucleare del 2015. Gli accordi di Abramo tra Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrein per la normalizzazione delle relazioni diplomatiche hanno aggiunto un altro tassello alla strategia della “massima pressione” Usa contro l’Iran. Lo scopo? Tutti uniti contro Teheran.

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Questo è il contesto in cui sono maturate e fiorite le relazioni tra Cina e Iran. Sono trascorsi solo pochi giorni dal caldissimo vertice iniziato il 18 marzo in Alaska, primo faccia a faccia ufficiale tra i rappresentanti di Pechino e Washington che ha infuocato i ghiacci di Anchorage con accuse, attacchi e invettive da una parte all’altra. Doveva essere un’occasione utile ad avviare i rapporti tra la nuova Amministrazione Biden e la Cina di Xi Jinping e invece il messaggio degli americani è stato chiaro: nessun compromesso con i regimi autoritari che violano i diritti umani. La Cina ha reagito subito, provando che alle parole seguono i fatti. E così è stato concluso l’accordo proposto per la prima volta durante una visita di Xi nella capitale iraniana nel 2016, a cui si lavorava da mesi. Cina e Iran hanno in comune anche questo: sono entrambi presi di mira da Washington per le violazioni dei diritti umani.


Pechino è stata fino al 2018 il primo partner commerciale dell’Iran e il primo importatore di petrolio iraniano. Ma nell’ultimo anno la Cina ha ridotto il volume del petrolio importato dall’Iran, a causa delle sanzioni internazionali. Dalle indiscrezioni, si sa che il nuovo accordo dovrebbe includere una vasta cooperazione militare tra i due Paesi, comprese esercitazioni militari congiunte e sviluppo condiviso delle industrie nel campo della difesa. Ma l’intesa militare tra Cina e Iran risale almeno all’inizio degli anni Ottanta.

Nel novembre del 2016 i due Paesi avevano sottoscritto un accordo per combattere il terrorismo e nel giugno del 2017 le acque comprese tra il Golfo dell’Oman e lo Stretto di Hormuz avevano ospitato l’esercitazione militare più importante mai avventa tra l’Iran e una grande potenza.


Nel testo del nuovo accordo di cooperazione si farebbe rifermento anche alle infrastrutture. L’Iran invita la Cina a prendere parte a progetti ferroviari e autostradali, e si direbbe disposto a favorire la collaborazione delle aziende cinesi interessate a operare nel settore dell’ingegneria civile iraniana. 

Rinvigorita dalla geopolitica del vaccino, che anche in Medio Oriente raccoglie i suoi frutti, Pechino spera così di portare le relazioni con la regione a un livello più alto, facendo riemergere i progetti legati alle Nuove Vie della Seta, cooperando allo stesso tempo sul terreno del commercio e delle nuove tecnologie, come il 5G, l’intelligenza artificiale, l’aviazione e l’aerospazio.

Del resto, la posizione geografica dell’Iran rende il Paese un collegamento terrestre tra la Cina e gli Stati dell’Asia centrale e la regione del Caucaso. Un nuovo livello significa anche, per la Cina, abbandonare la tradizionale strategia del non intervento, la linea che aveva sempre guidato l’azione cinese all’estero ma che ora risulta anacronistica. Il segnale più evidente di questa nuova consapevolezza è l’aver proposto un tavolo di trattative da tenersi a Pechino tra rappresentanti israeliani e palestinesi, costruendo così per la Repubblica Popolare un ruolo attivo nei negoziati per la soluzione del conflitto. Ma ancora per la Cina, l’intesa con l’Iran entra in un gioco di alleanze in Asia che coinvolge inoltre Turchia, dipendente dai prestiti cinesi, e Pakistan, avversario di Nuova Delhi. L’intento è accerchiare l’India e scoraggiarla a cooperare con il Quad, alleanza tra Giappone, Australia e Stati Uniti.
 

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