Coronavirus, il virologo: «Quest'estate meglio la montagna: il mare ha più rischi»

Coronavirus, il virologo: «Quest'estate meglio la montagna: il mare ha più rischi»
di Camilla Mozzetti
Lunedì 27 Aprile 2020, 08:27 - Ultimo agg. 16:20
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Professor Massimo Andreoni, virologo del Policlinico Tor Vergata e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive, diminuiscono i contagi e aumentano i guariti. Due soli i decessi, zero a Roma da 48 ore, come giudica questi dati?
«L'infezione, seppur parzialmente, è sotto controllo».

Il 4 maggio è ormai alle porte: una data che tutta Italia aspetta.
«Le misure di contenimento devono essere mantenute con attenzione».

Lei riaprirebbe?
«Sotto l'aspetto epidemiologico la risposta è no, certamente subentrano questioni legate all'aspetto economico e psicologico delle persone. Se ci sarà la riapertura, così come è stata programmata, dovrà essere fatta con grande attenzione. I controlli medici dovranno essere ancora più accurati, sempre più una maggiore disponibilità a fare tamponi naso-faringei per intercettare il più presto possibile eventuali nuovi malati e avviare il controllo anche sui contatti. Quello che abbiamo capito è che saremo costretti a una convivenza con il coronavirus. La strategia non è quella di azzerare l'infezione ma di tenerla sotto controllo».

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I contagi diminuiscono ma, paradossalmente i malati non hanno mai riguardato una grande percentuale di residenti laziali. Non ci sono dunque immunità di gregge, cure certe e ancora un vaccino. Siamo stretti all'angolo?
«In un certo senso sì, l'indice di trasmissione di cui si parla tanto sta continuando a scendere anche se per il controllo totale dell'epidemia dobbiamo andare sotto l'1 per cento. Nel Lazio c'è da dire che stiamo pagando un po' sui numeri quanto accaduto nelle Rsa, per l'incidenza di malati e morti, e per questo il trend è stato meno brillante delle aspettative».
 



Alcune ricerche parlano della scomparsa del virus dopo 70 giorni dall'inizio della sua circolazione, a prescindere dalle misure di contenimento messe in atto per contrastarlo. È credibile?
«Direi di no. All'interno di alcune epidemie c'è una progressiva attenuazione della virulenza e dell'infettività virale di un virus, ma per il Covid-19 i dati dimostrano che il virus è in parte mutato ma non ha  sostanzialmente modificato le sue caratteristiche né in termini di virulenza né di trasmissibilità. Per contro la mutazione virale potrebbe essere deleteria nei termini del vaccino perché il vaccino per essere efficace richiede che la "struttura" del virus stesso sia fissa con un tasso di mutazione modesto».

Tra l'altro, l'approccio clinico dimostra che su pazienti con la stessa malattia, ovvero il Covid-19, non sempre funziona la stessa terapia. Tra i malati, ad esempio, c'è chi risponde bene all'Eparina e chi, invece, migliora con l'antimalarico.
«La mia posizione è questa: parto dalla considerazione che non abbiamo farmaci altamente efficaci per questa malattia quindi sia l'approccio antinfiammatorio che antivirale in realtà ci dà la sensazione di poter controllare i casi più semplici e non quelli molto complicati al di là dell'uso dell'Eparina che, per altro, noi a Tor Vergata abbiamo usato fin dal primo caso che abbiamo trattato. Non vedo nessun farmaco che al momento riesca a modificare il decorso clinico laddove la malattia in maniera un po' capricciosa vada male».  

Che estate ci aspetta?
«Rimane la speranza di un'attenuazione legata al caldo. Con il caldo non tutto scomparirà ma è auspicabile un calo dei casi come avviene per tutte le virosi respiratorie. Detto questo, dovremo essere bravi a tenere sotto controllo la malattia per arrivare poi all'autunno con una nomerosità dei casi modesta. Il rischio che non dobbiamo correre nella "fase 2" - così come è invece successo nella prima fase - è permettere al virus di camminare senza poterlo controllare. Dobbiamo essere attenti a non permettere che ci sia una numerosità di casi striscianti, più o meno manifesti, che poi determinino un'improvvisa esplosione difficilmente controllabile. La malattia deve essere controllata nella numerosità dei casi sperando, e io sono ottimista, che arrivi il vaccino».

Vacanze, laddove possibile, al mare o in montagna?
«Più montagna sinceramente perché il distanziamento tra le persone è molto più semplice rispetto al mare dove è più facile il concentramento delle persone». 

E di fronte a chi sostiene che il mare - con lo iodio - faccia bene?
«Una persona innanzitutto deve incontrare il virus.
Il mare può avere i suoi vantaggi: il sole, la temperatura, lo iodio, ma sicuramente paga uno scotto importante sul problema dell'assembramento. Se mi chiede se è meglio lo iodio o il poco assembramento, opterei comunque per quest'ultimo». 

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