Coronavirus, il buio oltre il 38esimo parallelo: in Corea del Nord niente contagi perché sarebbe il caos

Coronavirus, il buio oltre il 38esimo parallelo: in Corea del Nord niente contagi perché sarebbe il caos
di Erminia Voccia
Martedì 25 Febbraio 2020, 14:12
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Un confine lungo e poroso con la Cina, eppure nessun caso confermato di coronavirus in Corea del Nord secondo i canali della propaganda. Tutto può accadere a nord del 38esimo parallelo ma difficilmente verremmo a saperlo per tempo. Quasi impossibile verificare le informazioni che provengono da un Paese impenetrabile e isolato come il regime di Kim Jong un. Ma una certezza c'è: la Corea del Nord non sarebbe capace di affrontare l'emergenza sanitaria, a causa delle sue infrastrutture decrepite, degli ospedali obsoleti, e a causa della grave malnutrizione di cui soffrono i cittadini nordcoreani, condizione che non farebbe che aumentare il rischio di contagio. Il quadro descritto pone le premesse di un ipotetico disastro, qualora il coronavirus raggiungesse, o avesse già raggiunto, la Corea del Nord. L'Organizzazione mondiale della sanità non ha contraddetto le autorità nordcoreane. Il funzionario dell'OMS Michael Ryan ha sostenuto di non avere al momento indicazioni su casi di Covid-19 nel Paese. Aumenta però lo scetticismo, mentre i disertori del regime avrebbero inizato a mettere in dubbio queste informazioni.

Secondo le Nazioni Unite, nel 2018 il 42% della popolazione, vale a dire quasi 10,5 milioni di persone, era denutrita. Solo il 16% delle famiglie consumerebbe cibo secondo quantità accetabili. La scarsità di acqua pulita e la mancanza di energia elettrica non fanno che aggiungere motivi di preoccupazione. Le sanzioni internazionali imposte a Pyongyang per il programma atomico bloccano l'afflusso di medicine, di equipaggiamenti sanitari e di tecnologie diagnostiche. La Croce Rossa ha già ottenuto l'esenzione dalle sanzioni delle Nazioni Unite per inviare materiali vitali: 10,000 kit per i test, 10,000 paia di guanti e 4mila mascherine. Tuttavia, «Il maggiore elemento di vulnerabilità resta la totale inesistenza di un'infrastruttura sanitaria», spiega con chiarezza l'esperto di Corea del Nord Victor Cha. 



Le misure d'emergenza contro il virus
Il regime nordcoreano è stato uno dei primi Paesi a sigillare il confine con la Cina a causa del COVID-19. Le misure sono state prese quasi subito a differenza di quanto è avvenuto per altre emergenze sanitarie, come l'epidemia di Sars del 2003. Ma soprattutto la Corea del Nord non è stata silente come nel passato, affrontando la tematica del cororavirus apertamente sia con i suoi cittadini che a livello globale. Il 21 gennaio 2020 Pyongyang ha notificato alle compagnie turistiche che non avrebbe più permesso agli stranieri di entrare nel Paese. Pochi giorni dopo le restrizioni sono state rafforzate e i viaggi da e per la Corea del Nord sono stati interrotti, i voli da e per la Cina e la Russia sono stati sospesi. La quarantena prevista per gli stranieri è stata estesa da 15 a 30 giorni e dovrebbe terminare il primo marzo. Negli ultimi giorni la Corea del Nord ha messo in quarantena 380 cittadini stranieri, per lo più diplomatici residenti nella capitale, chiudendoli al resto del mondo. Il regime ha diffuso informazioni utili ai cittadini sulle norme igieniche e i comportamenti da adottare per avitare il contagio, attarverso la stampa ufficiale e gli altoparlanti. Le immagini degli operatori sanitari impegnati a disinfestare le aree pubbliche sono state centrali nella macchina della propaganda nordcoreana. Sforzi che sembrano però celare la consapevolezza dell'incapacità del sistema sanitario e del regime di arginare la diffusione del virus. In un secondo momento, Pyongyang ha disposto una serie di misure inusuali, che per la rivista The Diplomat appaiono alquanto bizzarre se teniamo conto del fatto che non ci sono casi denunciati di infezione. Una di queste è l'obbligo di cremare tutti i morti. L'altra è il contributo in denaro che i lavorratori nordcoreani residenti in Cina sono tenuti a versare. Non solo, la stampa ufficiale ha anche diffuso uno studio secondo cui un'erba guarirebbe dal COVID-19, facendosi portavoce di fake news. Lo stesso Kim Jong un è sparito fino al 16 febbraio.

I casi conosciuti di infezione al confine con la Corea del Nord
Yanbian Daily, un giornale in lungua coreana della Cina settentrionale a fine gennaio riportava la notizia di un contagio confermato dalle autorità a Yanbian, nella Provincia di Jilin, regione al confine con la Corea del Nord dominata dalla minoranza coreana. La tv sudcoreana SBS riferiva invece di almeno due casi Yanbian. Uno dei due pazienti sarebbe un ragazzo di 27 anni impiegato di un'azienda tecnologica di Wuhan, scrive il sito UPI. Il ragazzo, un cittadino cinese di etnia coreana, avrebbe viaggiato sul volo CZ369 del 23 gennaio da Wuhan alla città cinese di Changchun.

Successivamente, il paziente avrebbe preso un treno ad altà valocità da Changchun alla sua destinazione finale Tumen, molto vicina al confine con la Corea del Nord.

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