Covid, 870 mila morti nel mondo: in India 4 milioni di casi. Gli Usa rischiano di avere il doppio delle vittime

Covid, 870 mila morti nel mondo: in India 4 milioni di casi. Gli Usa rischiano di avere il doppio delle vittime
​Covid, 870 mila morti nel mondo: in India 4 milioni di casi. Gli Usa rischiano di avere il doppio delle vittime
Sabato 5 Settembre 2020, 18:57 - Ultimo agg. 6 Settembre, 09:37
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La conta dei morti per il Covid-19 segna un altro record negativo: sono quasi 876 mila le vittime registrate in tutto il mondo dalla fine di dicembre, mentre il numero delle persone che hanno contratto il virus si avvicina ormai a quota 27 milioni. In questo momento il Paese con il più alto tasso di diffusione della malattia è l'India, che continua a macinare tristi primati: sono stati oltre 86 mila i contagi nelle ultime 24 ore, dato che porta il gigante asiatico a superare la soglia dei quattro milioni di casi. L'India è il terzo Paese al mondo in cui l'epidemia ha raggiunto queste dimensioni, dopo Stati Uniti (6,3 milioni) e Brasile (4,1 milioni).

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Gli Usa restano il primo Paese al mondo anche per il numero di morti, quasi 188 mila. Un numero che potrebbe addirittura raddoppiare entro gennaio secondo un nuovo modello dell'Institute for Health Metrics and Evaluation dell'Università di Washington. Il dato è ritenuto credibile dal virologo statunitense Anthony Fauci: un «buon avvertimento» su ciò che potrebbe accadere in caso gli americani non prendano precauzioni. «Se si svolgono molte attività al chiuso e non si utilizzano le mascherine, molto probabilmente si arriverà a questo numero», ha ammonito.

In Europa continuano a destare allarme gli alti numeri registrati da Francia e Spagna nel corso della settimana, con migliaia di contagi. Anche la Russia viaggia nell'ordine dei 5.000 casi al giorno, mentre rimane stabile il numero di nuove infezioni in Germania, intorno alle 1.400 quotidiane. Intanto, per la prima volta da marzo la Svezia ha segnato un tasso inferiore a quelli dei suoi vicini, una media di 12 nuovi casi per milione di persone nell'ultima settimana, rispetto ai 18 della Danimarca e ai 14 della Norvegia.

Il dato regala soddisfazione all'architetto della strategia soft seguita finora da Stoccolma, l'unica a non avere applicato alcuna forma di lockdown e ad avere tenuto praticamente tutto aperto, confidando sull'autodisciplina dei suoi cittadini e sul raggiungimento di una immunità di gregge: «siamo passati dall'essere uno dei paesi con il maggior numero di infezioni in Europa a uno di quelli con il minore numero di casi - ha esultato l'epidemiologo di stato Anders Tegnell -, mentre molti altri hanno visto un aumento piuttosto drammatico. La nostra politica sostenibile potrebbe essere più lenta nell'ottenere risultati, ma alla fine li ottiene».

Nel resto del mondo, anche l'Iran è andato avanti con la riapertura delle scuole nonostante il numero di casi in aumento, quasi 1.900 nuove infezioni nelle ultime 24 ore. Solo gli studenti nelle aree più ad alto rischio proseguiranno con la didattica a distanza. E l'allarme non sembra essere ancora superato nemmeno in Corea del Sud, che continua a registrare nuovi casi nonostante un sistema di tracciamento e contenimento che aveva fatto uscire rapidamente dalla prima ondata il Paese, tra i primi a essere colpiti. Tra i casi attivi al momento, secondo le autorità sanitarie, 1.156 sono legati alla chiesa Sarang-jeil di Seul e 510 alle manifestazioni antigovernative del 15 agosto.
 

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