Coronavirus negli Usa: Trump al top con il piano da duemila miliardi di dollari, record di popolarità

Coronavirus negli Usa: Trump al top con il piano da duemila miliardi di dollari, record di popolarità
di Luca Marfé
Giovedì 26 Marzo 2020, 20:00 - Ultimo agg. 22:32
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Altro che in difficoltà: mai così forte.

Il coronavirus non soltanto non mette all’angolo Donald Trump, ma addirittura gli regala il tasso di popolarità più altro di sempre.

Il sondaggio realizzato dalla prestigiosa e imparziale Gallup parla chiaro: il 49% degli americani approva a pieni voti l’operato del suo presidente.
Il 45% gli volta invece le spalle, ma i numeri sono comunque da record.

E lo sono ancora di più se riferiti in particolare alla gestione dell’emergenza coronavirus: qui il gradimento vola al 60%, mentre la bocciatura crolla al 38%.
 


Un quadro in parte scontato perché gli scenari di crisi corrispondono storicamente a una maggiore unità nazionale e a una inclinazione istintiva verso la figura dell’uomo forte al comando (leggere persino alla voce “Giuseppe Conte”).

Uno scenario, però, a tratti sorprendente.

In primis perché questa pandemia si presenta come il più grosso imprevisto della vicenda politica a stelle e strisce di tutto il 2020, anno di elezioni. E le conseguenze di un imprevisto sono per definizione tutt’altro che prevedibili.

In secondo luogo, perché l’apprezzamento per Trump affonda le sue nuove radici tra gli indipendenti e addirittura tra i democratici che, proprio in queste ore, hanno finito col regalargli l’assist forse già definitivo in chiave riconferma: quello di una manovra concertata col Senato che vale la mostruosa cifra di duemila miliardi di dollari. Un colpo epocale, troppo recente e dunque non ancora registrato dal sondaggio, destinato a far schizzare la popolarità del Commander in Chief più in alto di quanto non lo sia già.

Al tycoon, infine, il merito di diffondere speranza.

Mista a parecchia incoscienza, sicuramente azzardata, ma pur sempre speranza.

Sui piani di riapertura («Dopo Pasqua!»), su un Paese che non soltanto non ha nessuna intenzione di fermarsi a tempo indeterminato, ma che a detta sua è già praticamente pronto per rialzarsi.

Non importa, insomma, l’approssimazione con cui si è mosso e nella quale continua a sguazzare.
Non importano i vari «tutto sotto controllo» né «i test sono perfetti» né «il vaccino è in arrivo», buttati lì, quasi a caso.

Importa che Trump sta vincendo.

La battaglia contro il coronavirus. E questo lo diranno le prossime settimane.
La guerra (furba) della politica. E questo lo dirà il voto del 3 novembre.

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