Coronavirus, in Svizzera l'odissea dei prof della Sapienza: «Noi, gravi e non assistiti»

Coronavirus, in Svizzera l'odissea dei prof della Sapienza: «Noi, gravi e non assistiti»
di Camilla Mozzetti
Venerdì 20 Marzo 2020, 09:45 - Ultimo agg. 19:14
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Positivi al Covid-19 ma non ospedalizzabili. Eppure costretti all'isolamento. Ma in una città della Svizzera dove gli hotel sono chiusi e nessun residence è disposto ad affittare loro una stanza o un appartamento. «Non riusciamo a credere a quello che ci sta capitando», spiega il professore di Fisiologia della Sapienza Roberto Caminiti che con sua moglie Alexandra Mayer - anche lei ordinaria di Fisiologia alla prima università pubblica di Roma - è positivo al virus e sintomatico. Si trovano all'ospedale Riviera-Chablais di Rennaz ma il nosocomio non può trattenerli perché, seppur malati, non presentano sintomi tali per essere ricoverati. «Dovremo lasciare la struttura domani (oggi ndr) - prosegue Caminiti - ma non sappiamo dove andare perché non ci sono strutture alberghiere aperte o residence disposti a offrirci un appartamento».

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Non possono rientrare in Italia neanche a bordo di un'auto perché al confine potrebbero dover rispondere del reato contro la salute pubblica e rischiare fino a dodici anni di carcere. Il loro avvocato Corrado Canafoglia ha pertanto presentato istanza al ministero degli Esteri lo scorso 17 marzo affinché la Farnesina si attivi per un loro rientro in Italia. «Ma non abbiamo ancora ricevuto alcun tipo di risposta», aggiunge ancora Caminiti.
La coppia era arrivata in Svizzera il 7 marzo per partecipare a un congresso internazionale. Il professore ha iniziato ad accusare i sintomi tra il 12 e il 13 marzo, risultando poi positivo al Covid-19 dopo le analisi condotte a pagamento. A cascata è risultata positiva anche sua moglie. Da allora è iniziata la loro Odissea. Grazie al medico, che per primo li ha visitati, sono stati trasferiti nell'ospedale di Rennaz ma è una sistemazione provvisoria. «Siamo malati ma non a tal punto da essere ricoverati e dunque ci hanno fatto sapere dalla direzione ospedaliera che non possiamo restare qui. Non possiamo muoverci e non troviamo una sistemazione. Vogliamo tornare a casa e restare in isolamento ma non riusciamo a farlo», conclude il neurofisiologo. 

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