Trump, chi sono gli estremisti pro-Donald: il cuore di tenebra d'America

Trump, chi sono gli estremisti pro-Donald: il cuore di tenebra d'America
di Anna Guaita
Venerdì 8 Gennaio 2021, 07:33 - Ultimo agg. 12:26
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Sono già 55 i mandati di cattura, 40 federali e 15 della città, per istigazione alla violenza, vandalismo, violazione di domicilio e porto d'armi abusivo. Un mandato è per possesso di esplosivi, dopo che 10 molotov sono state trovate sulla persona di un arrestato. Sarebbero anche stati sequestrati dei fucili d'assalto. E che fossero arrivati preparati a menare le mani non ci sono dubbi. Avevano con sé piedi di porco per forzare le porte, bombole di spray accecante, bastoni e armi. Sapevano quali strade percorrere per evitare la polizia, e che finestre al pianterreno del Campidoglio erano le più facilmente forzabili. Conoscevano la planimetria dell'immenso palazzo del parlamento, e la locazione degli uffici dei deputati più odiati. E quando dal palco Donald Trump li ha incitati a andare al Campidoglio, si sono mossi decisi, guidati da alcuni leader forniti di megafoni. Gli insorti che mercoledì hanno invaso la sede della democrazia Usa erano organizzati, non erano calati a Washington in una manifestazione spontanea e con intenzioni pacifiche. Molti esperti sostengono che l'invasione era stata annunciata, e che bastava seguire i nuovi social della destra, Parler e Gab, per trovare indicazioni di quel che stava per succedere. Anzi, sarebbe dalla scorsa estate che i due gruppi capofila, QAnon e Proud Boys, stavano facendo campagna antigovernativa presso l'universo anarcoide di destra, reclutando seguaci soprattutto fra i no-mask e i covid negazionisti. QAnon è un gruppo di cospirazionisti convinti che Donald Trump sia un eroe che sta lottando contro un complotto fra parlamentari, esponenti di Hollywood e della finanza che trafficano in pedofilia. 

I Proud Boys sono una milizia armata, e appartengono a una lunga lista di movimenti di estrema destra, che va dai Boogaloo, ai Three Percenters, agli Oath Keepers, ai Wolverine del Michigan, tutti gruppi che in forma e iniziative diverse auspicano la guerra contro il governo federale.

Durante la scorsa primavera e l'estate c'erano state manifestazioni anche minacciose, come nel Michigan, dove esponenti delle milizie e dei gruppi negazionisti avevano invaso, fucili a tracollo, il Campidoglio di Lansing, la capitale dello Stato, per obbligare i legislatori a non imporre il lock down. Le stesse milizie, le Wolverine (Le Donnole), lo scorso ottobre hanno poi preparato un piano per scatenare una guerra civile a ridosso delle elezioni, con il progetto di rapire la governatrice Gretchen Whitmer, e giustiziarla per «alto tradimento».

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Di recente a Staten Island, vari di questi gruppi si sono alleati per proteggere un bar che aveva rifiutato di chiudere mentre il contagio del coronavirus rialzava la testa, e c'erano scappati anche scontri con la polizia. Dal 2001, gli Stati Uniti si sono corazzati contro il terrorismo esterno, ma in un rapporto dello scorso 6 ottobre il Dipartimento di Sicurezza Nazionale ha rivelato invece di considerare l'estremismo di destra, all'interno, «la minaccia più persistente e letale contro la sicurezza del Paese». I fatti di mercoledì hanno dato ragione agli esperti della Homeland Security. Fra coloro che hanno invaso il Parlamento, sono già stati identificati esponenti dei Proud Boys, di gruppi miliziani armati, ed esponenti di spicco di Qanon. La polizia di Washington ha pronti i mandati di cattura e l'Fbi ha aperto un'inchiesta sui leader della manifestazione per istigazione alla violenza. Le autorità stanno anche rivedendo i piani per il 20 gennaio, giorno dell'insediamento di Biden. 

Per via della pandemia non ci saranno le cerimonie che in genere segnano l'appuntamento, ma il presidente eletto giurerà davanti al Campidoglio, come vuole la tradizione e si recherà alla Casa Bianca con una carovana di automobili, e ci saranno sicuramente persone schierate lungo il percorso su Pennsylvania avenue. Il rischio che si ripetano atti di violenza non è da escludere. La studiosa Renee Di Resta, dello Stanford Internet Observatory, ha ammonito che la violenza è stata «il risultato di movimenti che operano in social media dove la gente crede davvero che Trump abbia vinto le elezioni: questo è il disconoscimento della teoria che quel che viene detto on line resta on line, è la dimostrazione che quelle parole hanno effetto nel mondo reale».

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