Droni e elicotteri, le armi Usa contro i piani del Cremlino: «Escalation se le bloccano»

Droni e elicotteri, le armi Usa contro i piani del Cremlino. «Escalation se le bloccano»
Droni e elicotteri, le armi Usa contro i piani del Cremlino. «Escalation se le bloccano»
di Marco Ventura
Venerdì 15 Aprile 2022, 07:00 - Ultimo agg. 18:59
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«Armi, armi, armi», aveva chiesto il ministro degli Esteri ucraino, Kuleba, e le armi arrivano, sempre più pesanti, sempre più “offensive”, anche se servono alla «difesa» dell’Ucraina dall’invasione russa e dall’imminente attacco massiccio al Donbass. E il presidente Biden conferma di poter andare di persona a Kiev, a riprova dell’appoggio americano, dopo che si era diffusa la notizia dell’invio di un rappresentante «di alto livello» Usa. Il pacchetto di aiuti militari appena annunciato dalla Casa Bianca ammonta a 750 milioni di dollari, ma dall’inizio dell’invasione gli Stati Uniti hanno già fornito all’Ucraina aiuti per la sicurezza pari a 1,7 miliardi di dollari.

Tra le dotazioni che arriveranno, a detta del portavoce del Pentagono John Kirby in «sette giorni», 18 obici da 155 mm, 40mila proietti d’artiglieria, sistemi radar di sorveglianza aerea AN/TPQ-36 e 64 Sentinel, mine anti-uomo Claymore M18A1, e poi mezzi per il trasporto dei soldati che dovrebbero schierarsi a Est-Sud per resistere all’urto: 100 veicoli corazzati Humvee, come quelli a cui ci hanno abituato le immagini delle guerre in Iraq e Afghanistan, 200 mezzi corazzati M113 progettati a metà anni ’50 in grado di ospitare una squadra di fanteria corazzata per dare un apporto di fuoco ravvicinato, e gli elicotteri da trasporto Mi-17 di fabbricazione sovietica destinati all’export, molto diffusi e affidabili, in grado di portare 30 soldati oppure 12 barelle nella versione “ambulanza militare”.

Cinque Mi-17 erano stati già inviati a inizio 2022, «reduci e veterani» della guerra afgana. Biden non ha detto se gli elicotteri partiranno dagli Stati Uniti o se gli americani daranno assistenza per il trasferimento dall’Europa dell’Est, rimpiazzandoli con velivoli nuovi. È il meccanismo di sostituzione che ha permesso alla Slovacchia di mandare in Ucraina il sistema di difesa aerea S-300 dell’era sovietica, con l’arrivo al loro posto del più moderno sistema Patriot. Gli Stati Uniti hanno aiutato allo stesso modo il trasferimento di carri armati T-72 russi. 

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Il vantaggio di dotare gli ucraini di mezzi sovietici o russi consiste nel fatto che sanno già come usarli, mentre per tutti gli altri (in particolare i droni) è necessario un addestramento di qualche giorno, o in Ucraina, o nei Paesi limitrofi, o addirittura in Usa, come ventilato dal Pentagono. Infine, nel pacchetto è compreso l’armamento spesso risolutore rappresentato da dispositivi leggeri: stinger terra-aria spallabili e, appunto, droni “kamikaze” Switchblade (300 nell’ultima spedizione), in grado di volare sopra i bersagli per un quarto d’ora prima di scendere in picchiata e centrarli esplodendo. Il problema è che i russi a loro volta hanno sistemi di “accecamento” elettronico per disorientare i droni e farli sfracellare al suolo. 

Aumenta anche in Germania la pressione per l’invio di armi pesanti, compresi i tank, secondo Marie-Agnes Strack-Zimmermann, presidente della Commissione Difesa del Bundestag: «La Russia vuole che l’Ucraina scompaia dalla carta geografica, non possiamo semplicemente restare a guardare». Un altolà agli occidentali arriva dal vice-ministro degli Esteri russo, Sergej Rjabkov, per il quale vanno considerati «obiettivi militari legittimi delle Forze armate russe i veicoli con armi statunitensi e dei Paesi Nato che entreranno in Ucraina». Immediata la replica del Consigliere per la sicurezza nazionale Usa, Jake Sullivan: «Gli Stati Uniti non stanno operando all’interno del territorio dell’Ucraina, quindi se i russi dovessero colpire il territorio della Nato dove viene assemblato il materiale, verrebbe invocato l’articolo 5 del Trattato e sarebbe un completo cambio di gioco». L’articolo 5 è quello che obbliga alla difesa dei Paesi Nato in caso di attacco a uno di loro. «C’è il rischio di un’escalation». Intanto, proprio ieri il Pentagono ha incontrato le otto principali aziende produttrici di armi negli Stati Uniti, tra cui la Lockheed (anti-carro Javelin) e la Raytheon (anti-aerei Stinger). Per Gianandrea Gaiani, direttore della rivista Analisi Difesa, sarebbe la prova indiretta che «il governo di Kiev ha perso gran parte dei mezzi e veicoli corazzati» e che l’amministrazione Biden ha un obiettivo diverso da quello degli europei, «il cui interesse sarebbe puntare a una conclusione più rapida della guerra». Il salto di qualità per gli ucraini sarebbe rappresentato dall’arrivo di obici e cannoni americani, con l’avvio di linee di produzione ad hoc per la guerra in Ucraina che si aggiungerebbero all’“usato sicuro” dei Paesi dell’Est Europa. Intanto l’Irlanda, tradizionalmente “neutrale”, ha stanziato aiuti militari per 33 milioni di euro e l’ambasciatore russo a Pyongyang ha smentito che il ministro della Difesa russo, Shoigu, sia andato in Corea del Nord a chiedere missili e altri aiuti militari. 

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