Ecuador, viaggi sconsigliati:
il Paese è in mano ai narcos

Stop alle vacanze nelle Galapagos A Guayaquil 688 omicidi solo nel 2021

Ecuador, viaggi sconsigliati: il Paese è in mano ai narcos
di Gigi Di Fiore
Giovedì 10 Novembre 2022, 10:43 - Ultimo agg. 15:53
4 Minuti di Lettura

Dal 4 novembre è tra i Paesi sconsigliati dalla Farnesina. È allarme sicurezza in Ecuador, dove si fa sempre più violenta l’attività dei gruppi di narcos alleati con i messicani. Dal primo novembre, e per 45 giorni, il presidente ecuadoriano Guillermo Lasso ha decretato lo «stato di eccezione» nelle province di Guayas, Esmeraldas e Santo Domingo de Los Tsachilas, che significa coprifuoco dalle 21 alle 5 del mattino. E, per questo, il ministero degli Esteri italiano avverte che «si sconsigliano vivamente i viaggi nella zona nord di Esmeralda fino al confine con la Colombia dove si registra la presenza di bande di narco guerriglieri ecuadoriani-colombiani responsabili di sequestri di persona, omicidi e attentati contro le forze armate».

Se i viaggi turistici dall’Italia hanno meta soprattutto le isole Galapagos, in tanti hanno dovuto cancellare le trasferte in Ecuador legate a motivi di lavoro. Una scelta obbligata, in un Paese in mano ad almeno quattro gruppi di narcotrafficanti, che gestiscono la raffinazione e il trasferimento negli Stati Uniti e in Europa della cocaina prodotta nella confinante Colombia. Secondo le ricostruzioni degli inquirenti locali, in Ecuador sono almeno una ventina le bande criminali con migliaia di affiliati. Los Choneros era il gruppo più importante, ma dopo l’omicidio del capo Jorge Luis Zambrano a fine 2020, si è scatenata una guerra per il controllo del territorio e dei traffici, senza esclusione di colpi. Nelle strade, ma soprattutto nelle carceri. In questa lotta hanno preso il sopravvento i Los Tiguerones guidati da Alex Salazar Villamar scarcerato da poco, alleati al cartello messicano Jalisco Nueva Generacion.



Oltre 270 i morti ammazzati nelle carceri per gli scontri tra affiliati dei Tiguerones e Lobos negli ultimi anni. Il due novembre scorso, l’Ecuador ha vissuto altre 24 ore di massima allerta spingendo il presidente a firmare lo «stato di eccezione». Ha dichiarato il presidente Lasso: «Gli attacchi sincronizzati di bande armate sono una vera e propria dichiarazione di guerra contro il governo». Cinque poliziotti morti, impegnati in pattugliamenti a Guayas e Esmeraldas, ma soprattutto una serie di auto bombe esplose dinanzi a terminal di autobus, stazioni di polizia e distributori di benzina. Tra gennaio e agosto del 2022, in Ecuador sono stati registrati 145 attacchi con esplosivi, di cui ben 72 a Guayaquil che, con il suo porto, è area di transito della cocaina. Solo nel 2021, in questa zona gli omicidi sono stati 688.

Le autorità di polizia ecuadoriane hanno così descritto la crescita dei cartelli di narcos ecuadoriani rispetto ai colombiani attivi, invece, nel Paese produttore della cocaina: «Sono alleati con i messicani, ricevendo la cocaina dalla Colombia che immagazzinano per consegnarla a porti e aeroporti dove parte per il centro America, gli Stati Uniti e l’Europa. Cartelli balcanici si stanno affermando poi come grandi distributori della cocaina in Europa».
Di fatto, i principali gruppi di mafie internazionali impegnati nel traffico di cocaina, ‘ndrangheta in testa, hanno sempre maggiore necessità di farsi amici non solo i narcos colombiani, ma anche gli ecuadoriani, con i Tiguerones in testa.

I Tiguerones si sono allargati dalla loro città originaria, Esmeraldas, ad altri centri come Quito e Guayaquil. Il portale specializzato Insight-Crime ha definito l’Ecuador «l’autostrada della cocaina verso gli Stati Uniti e l’Europa».

Ma, negli ultimi anni, l’Ecuador si è trasformato da Paese di solo transito della droga, a centro di lavorazione e distribuzione della coca. E Renato Rivera, ricercatore del Network sudamericano sulla sicurezza e la criminalità organizzata, ha parlato per l’Ecuador di «effetto palloncino», riferendosi alla repressione in Colombia che ha provocato lo spostamento della lavorazione della coca in Venezuela per il 50 per cento e Ecuador per il 38 per cento. Le colture colombiane di coca si trovano a meno di 10 chilometri dal confine ecuadoriano e questo agevola i rapidi trasferimenti. In Ecuador, aumentano i laboratori di trasformazione, che sono miniere d’oro, e i gruppi criminali diventano sempre più potenti e violenti. «È da evitare l’intera fascia di confine con la Colombia, ma Guayaquil ha una situazione di insicurezza più elevata rispetto alla capitale» avverte la Farnesina.

© RIPRODUZIONE RISERVATA