La “talpa” Frances Haugen sgancia la bomba su Facebook e in meno di 24 ore tutto l’universo Zuckerberg crolla, scomparendo di fatto dai radar del web.
Coincidenze?
Forse sì, forse no.
Negli Stati Uniti, ma anche altrove, c’è chi collega il blackout più lungo della storia social alla guerra in corso tra Facebook, appunto, e la sua ex product manager.
Uno scontro frontale andato in scena nel corso della serata di domenica sul piccolo schermo; un atto d’accusa pesantissimo che, rullo di tamburi, oggi approda tra le mura del Senato americano.
Haugen sostiene che Zuckerberg e il suo algoritmo fomentino odio e divisioni per generare un maggior numero di click e di conseguenza un maggior flusso di dollari.
Zuckerberg spegne l’interruttore di proposito per arginare lo scandalo.
È questa la teoria che si fa largo su Twitter che, nel frattempo, non ha mai smesso di funzionare.
Un sospetto in qualche modo sostenuto persino dalla Federal Trade Commission, l’agenzia governativa che tutela consumatori e concorrenza, che in una nota ufficiale esprime forte preoccupazione riguardo al «monopolio di informazioni» nonché al «controllo del dibattito», entrambi a suo dire eccessivamente e dunque pericolosamente concentrati proprio nelle mani del gruppo californiano.
Il popolo del web intanto si scatena e incorona Frances Haugen paladina, quasi come una sorta di nuova Edward Snowden: «È lei il motivo per cui Facebook, Instagram e WhatsApp sono “down”, dovremmo tutti ringraziarla per il suo coraggio».
Cinguettii che incassano migliaia di like e di retweet, un ritornello che si fa di ora in ora più insistente, una voragine che alimenta adesso un legittimo sospetto: qualcuno ha parlato troppo. Qualcun altro, così, ha “ben” pensato di spegnere l’interruttore.
Perché dove ci sono buio e silenzio, non ci può essere scandalo.