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Alexandra Damien aveva fatto passare una vecchia cicatrice per il segno lasciato sulla sua pelle dal proiettile di un kalashnikov, uno dei primi sparati dai terroristi davanti al Carillon la sera del 13 novembre. Ha raccontato che aveva visto morire due suoi amici, che aveva sentito il sangue di uno di loro sul suo corpo. Tutto falso: la cicatrice era quella lasciata da un kitesurf su una bella spiaggia di vacanze. Al Carillon lei non c'era quel 13 novembre, non erano suoi amici i morti. Ci sono state soltanto bugie: quelle raccontate ai giornalisti, ai ministri durante le cerimonie ufficiali, alle altre vittime con cui ha diviso gruppi di ascolto e lacrime, le bugie raccontate anche all'amministrazione, per ricevere i soldi dei fondi pubblici.
«Il più grosso errore, il più grosso sbando della mia vita», ha detto la 33 in lacrime davanti ai giudici. Ha perso il lavoro, sui social è sommersa d'insulti. Per il procuratore Alexandra voleva soltanto soldi. «Non è vero», ha risposto lei: che pure ha sollecitato con cura a ogni scadenza i sussidi dovuti alle vittime, in tutto 20 mila euro. Ha chiesto perdono: «Sono colpevole, chiedo scusa alle vittime e alle associazioni». Ha raccontato che quella sera sarebbe davvero dovuta andare al Carillon, ma che aveva rinunciato venti minuti prima che l'inferno cominciasse, che due «conoscenti» erano morti, che ha sentito un «enorme senso di colpa».
Alexandra non è la sola falsa vittima del terrorismo in Francia.
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