Ucraina, fucilato insieme ai suoi fratelli e gettato in una fossa riesce a salvarsi: l'incredibile racconto di Mykola Kulichenko

Ucraina, fucilato insieme ai suoi fratelli e gettato in una fossa riesce a salvarsi: l'incredibile racconto di Mykola Kulichenko
Ucraina, fucilato insieme ai suoi fratelli e gettato in una fossa riesce a salvarsi: l'incredibile racconto di Mykola Kulichenko
Domenica 15 Maggio 2022, 16:54 - Ultimo agg. 16 Maggio, 11:53
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L’occupazione russa in Ucraina si accanisce sui civili, secondo il procuratore generale Iryna Venediktova dall’inizio dell’invasione l’esercito di Mosca ha commesso quasi 10.000 crimini di guerra e le indagini sui primi casi sono appena state chiuse. In alcuni casi rafforzate dalle testimonianze di chi, a quei crimini, è sopravvissuto. È la storia di Mykola Kulichenko, 33 anni, che abita nella regione di Chernihiv: con i sui due fratelli Dmytro, 37 anni, ed Evheniy, trentenne, è stato fatto prigioniero dai russi che hanno occupato il loro villaggio. Interrogati e torturati per tre giorni, i fratelli sono stati fucilati e gettati in una buca, con braccia e gambe legate. Mykola però non è stato colpito a morte, è riuscito a uscire dalla fossa spostando il cadavere del fratello e ha denunciato tutto.

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LE TORTURE

Tra i giornalisti che lo hanno rintracciato e a cui ha raccontato la sua storia c’è anche Ian Birrell, del quotidiano inglese “The Mail”.

Mykola torna alla mattina del 18 marzo: i tre fratelli e la sorella Iryna pranzano, poi lei va a trovare una vicina tenendosi ben nascosta dai soldati russi che si aggiravano per il villaggio «perché sparavano tutti i civili che vedevano per strada». Improvvisamente Mykola si accorge del Tiger della fanteria parcheggiato davanti a casa. I militari fanno irruzione, chiedono i documenti e perquisiscono l’appartamento: trovano le medaglie del nonno e una borsa in un angolo del salotto. Dentro c’è la divisa di Evheniy, che per sei anni ha prestato servizio come medico militare. Questo, dice Mykola, ha scatenato la loro violenza. Il fratello minore viene trascinato fuori, costretto a inginocchiarsi e picchiato con un bastone: «Perché hai ucciso i nostri ragazzi?», gli urlavano, riferendosi alla divisa dell’esercito. I Kulichenko vengono bendati, caricati su una jeep e portati nella segheria di Vyshneve. Qui restano per tre lunghissimi giorni, incappucciati e legati, picchiati, con pochissimo cibo e senza coperte per affrontare il gelo della notte. Finché i russi decidono di giustiziarli in un bosco di pioppi nei pressi del villaggio, in una zona un tempo pacifica dell’Ucraina settentrionale vicino al confine con la Bielorussia. I tre fratelli, legati e bendati, sono in piedi, terrorizzati. C’è un primo sparo e Mykola si rende conto che Evheniy cade a terra. «Ho appena sentito il suono di un clic, come se le loro pistole avessero i silenziatori - ricorda - Poi hanno iniziato a prenderci in giro, dicendo: “Oh, il tuo più giovane è pronto”. Hanno colpito Dmytro, che era in piedi accanto a me. C’è stato un altro clic e lui è caduto. Quindi mi hanno sparato».

 

LA FUGA

Con un calcio gettano Mykola nella fossa appena scavata e lui atterra sopra il corpo di Evheniy, infine buttano il cadavere di Dmytro e sulla tomba improvvisata spargono un sottile strato di terra. «Sono finito a faccia in giù e questo mi ha salvato. Sono riuscito a spingermi in alto e dopo un paio di minuti ho iniziato a fare forza. Avevo paura, mi costringevo a non pensare a nulla perché mi sentivo soffocare». Riesce a spostare i corpo di Dmytro e a riemergere. «Quando sono strisciato fuori i soldati non c’erano più. Ho cercato di tornare in me. Mi sono tolto la benda. Non riuscivo a sciogliere il laccio ai polsi che mi tagliava la pelle. Ma ho slegato le gambe e ho iniziato a camminare con le mani ancora legate. Ho camminato e camminato finché non ho visto una casa vuota in cui sono entrato e mi sono rifugiato per la notte». Solo qualche ora e si è rimesso in cammino, poco prima dell’alba ha bussato a casa di Valentina. La donna gli ha dato vestiti pesanti, l’ha rifocillato e, accompagnato da altri abitanti del paese, è tornato a casa. La sorella Iryna è ancora sconvolta: «E’ stato picchiato, aveva una ferita sulla guancia, camminava a malapena e mi ha detto che era uscito da una tomba dopo che erano stati giustiziati». Per ritrovare quella fossa ci è voluto un mese, i corpi dei due fratelli sono stati identificati il 18 aprile, compleanno di Evheniy, e sepolti tre giorni dopo il compleanno di Dmytro. «Li ho cercati finché non l’ho visto con i miei occhi - piange Iryna - Speravo che fossero ancora vivi, poi ho riconosciuto i loro cadaveri». Ora la ferita al volto di Mykola è guarita, ma le cicatrici dell’anima sono profonde. «I russi erano i nostri vicini. Evheniy ha lavorato in Russia. Molte altre persone di qui sono andate lì per lavorare nei cantieri. Adesso c’è solo odio», riflette.

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