Gas e petrolio, l'offerta algerina. Il ministro Arkab: «Siamo un partner affidabile, ma l’Europa deve investire»

Gas e petrolio, l'offerta algerina. «Partner affidabile, ma l’Europa deve investire»
Gas e petrolio, l'offerta algerina. «Partner affidabile, ma l’Europa deve investire»
di Andrea Bassi
Sabato 14 Maggio 2022, 07:20 - Ultimo agg. 16:38
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La rotta Sud del gas prende plasticamente forma tra i giardini colmi di limoni e il blu del mare di Sorrento. Mentre Vladimir Putin inizia a interrompere le forniture bloccando il gasdotto Yamal, mentre l’Europa tentenna sulle sanzioni contro Mosca, mentre Volodymyr Zelenski blocca un terzo del gas che attraverso l’Ucraina entra nel Vecchio Continente, nei giardini di Villa Zagara si riscrive il futuro energetico non solo italiano, ma probabilmente europeo. 

L’ospite d’onore è il Nord Africa. La delegazione algerina arrivata a Sorrento è numerosa. E con esponenti di peso. C’è Mohamed Arkab, ministro dell’energia. C’è, seduto in prima fila, Toufik Hakkar, numero uno della compagnia energetica Sonatrach. C’è Abdelkrim Harchaoui, l’inviato speciale incaricato della diplomazia economica.

Le relazioni con Algeri sono state appena cementate da un contratto siglato tra Eni e la stessa Sonatrach per portare in Italia, attraverso il gasdotto Transmed, altri 9 miliardi di metri cubi di gas, oltre ai 20 che gli algerini già vendono ogni anno alla Penisola. «L’Algeria», dice Arkab, «contribuisce alla sicurezza economica dell’Europa come un fornitore sicuro, affidabile e prevedibile». Il ministro, insomma, si presenta come un porto sicuro in un modo, quello energetico, dove di questi tempi l’incertezza domina sovrana. La parola che usa più spesso è «cooperazione».  

Arkab non ci gira intorno. «Il partenariato tra l’Algeria e l’Italia deve essere mutualmente conveniente». Il sottinteso è che negli ultimi anni l’Europa ha guardato al Nord Africa più come a un problema che a una opportunità. Le compagnie petrolifere del Vecchio Continente hanno ridotto al lumicino l’impegno nel Paese. «Con la sola eccezione dell’Eni che ha investito costantemente in Algeria», sottolinea Arkab. Eccolo il motivo che ha consentito all’Italia di muoversi tanto velocemente nella ricerca di fornitori alternativi a Mosca, spiazzando molti in Europa. Una vicinanza sulla quale l’Algeria conta anche per il futuro. Per affrontare la sfida della transizione ecologica alla quale il Paese non intende sottrarsi. «Una transizione», dice Arkab, «che deve essere giusta ed equa e che tenga conto delle disparità tra i Paesi». L’Algeria si candida ad essere un produttore e un esportatore di idrogeno blu, man mano che si marcerà verso la decarbonizzazione dell’economia. Dove oggi passa il gas, in futuro passerà l’idrogeno. Ai partner come l’Italia chiede dunque che «trasferiscano tecnologie» e «formino le persone». In questo modo, dice il ministro, «il Mediterraneo può diventare uno spazio di prosperità comune». 

Accanto ad Arkab è seduto Mustafa Sanalla, presidente della National Oil Corporation libica. Altra fotografia della nuova rotta del gas. E del petrolio. Mario Draghi ne ha parlato anche con il presidente americano Joe Biden. La crisi energetica europea si risolve anche stabilizzando la Libia. Il Paese resta tra i più ricchi per riserve di petrolio e gas. E il metano che arriverà dal Nord Africa attraverso i gasdotti che approdano in Italia, potrà dissetare molti altri Paesi del Vecchio Continente. Il passo del Tarvisio, quello da cui arrivano ogni giorno i milioni di metri cubi pompati da Gazprom dai giacimenti siberiani, invertirà il suo flusso. Il gas non entrerà più in Italia, ma ne uscirà. Un cambio epocale per il Paese. 

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Roma si candida ad essere quello che Berlino è stata fino ad oggi grazie al gas di Putin: un hub per l’intera Europa. Con quello che significa in termini di peso geopolitico e di sviluppo delle imprese. Tra i limoni di Sorrento si è discusso pure di questo. Anche la Spagna e il Portogallo saranno della partita. Con i loro rigassificatori saranno l’approdo naturale del gas liquefatto. Ma anche qui l’Italia vuole avere una parte in commedia. Primo attraverso Snam, che ha appena sottoscritto un protocollo d’intesa con la spagnola Enagas per studiare la fattibilità di un gasdotto sottomarino tra la Penisola Iberica e l’Italia con una capacità tra 15 e 30 miliardi di metri cubi. 

Ma anche rafforzando ulteriormente la stessa capacità di rigassificazione italiana. La suggestione l’ha lanciata il ministro per il Sud Mara Carfagna: nuovi rigassificatori al Sud. Insomma, non solo le due navi galleggianti destinate a Ravenna e Piombino per rifornire l’assetato (di gas) Nord. Unità da destinare anche a Taranto per l’Ilva, ma anche a Brindisi o a Gioia Tauro. Si vedrà. Ma c’è sicuramente un aspetto che colpisce di questo ritorno “verso Sud”. Quella sorta di rivincita dei Pigs, i Paesi del Mediterraneo, così sprezzantemente definiti dai falchi nordici ai tempi della crisi dei debiti sovrani. Insieme alle rotte del gas, anche l’orologio della storia potrebbe cambiare il suo senso di marcia.

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