L'esercito dei bambini-soldato di Gaza: così Hamas li addestra alle armi e all'odio verso Israele

L'esercito dei bambini-soldato di Gaza: così Hamas li addestra alle armi e all'odio verso Israele
di Giulia Aubry
Lunedì 12 Ottobre 2015, 13:58 - Ultimo agg. 16:04
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Campi estivi dove i bambini imparano a usare le armi e a odiare il nemico. Non è la trama di un film distopico per ragazzi.

Ma la realtà delle aree controllate da Hamas - l’organizzazione palestinese paramilitare considerata terrorista dall’Unione europea, gli Stati Uniti e l’Australia - mostrata da un documentario prodotto dal Center for Near East Policy Research che da anni si occupa di raccontare quello che avviene a Gaza.



“Liberemo la Palestina, rapiremo soldati nemici e ci trasformeremo in martiri” dichiara un bambino che non può avere più di dieci anni. E un altro gli fa eco: “Vogliamo dire ai figli di Sion che stiamo arrivando, distruggeremo le loro case, le bruceremo, schiacceremo le loro teste e li uccideremo”. Le immagini passano rapidamente su un gruppo di altri giovani palestinesi, poco più che bambini, in formazione militare. Gridano in coro “sacrificheremo le nostre vite in nome di Allah”. Intorno a loro altri bambini con magliette e capellini gialli cantano tenendosi per mano in girotondo, come in una di quelle feste che concludono il periodo di vacanza al campo estivo in qualsiasi paese del mondo.



Il mix tra un’apparente normalità e l’orrore della militarizzazione all’insegna dell’odio per il nemico storico, lo Stato di Israele, diventa quasi estraniante per il telespettatore occidentale che stenta a capire quanto sta vedendo.



Hassan Suhare, indicato come uno dei consiglieri militari di Hamas e intervistato da alcuni giornalisti arabi che partecipano al progetto del centro di ricerca israeliano spiega con orgoglio quello che le immagini mostrano allo spettatore: “Questo è uno degli oltre 50 campi esistenti a Gaza dove 15.000 bambini vengono formati. Imparano a usare le armi e svolgono un vero e proprio addestramento militare. Ma hanno anche una preparazione religiosa”. Suhare parla del valore educativo del progetto: “Qui I ragazzi imparano a sconfiggere le loro paure”. “Ieri, in una esercitazione, abbiamo fatto saltare in aria una ricostruzione di un villaggio israeliano” aggiunge con orgoglio.



Cresciuti nella guerra e per la guerra. Molti di questi bambini provengono dai campi profughi UNRWA, l’agenzia delle Nazioni Unite che dal 1948 – non senza grandi difficoltà e rischi di infiltrazione da parte di organizzazioni terroristiche di ogni genere – fornisce assistenza e protezione ai rifugiati palestinesi, in attesa di una soluzione alla loro condizione. Ma un’attesa di quasi settantanni ha fatto crescere intere generazioni in un ambiente non adatto alle loro esigenze, in strutture spesso fatiscenti e ai limiti delle condizioni igieniche. Così, negli anni, quei giovani (e sempre più giovanissimi) sono diventati terreno fertile per fondamentalisti a caccia di nuovi adepti. I loro idoli sono i martiri che si sono immolati per uccidere il nemico. Portano I loro nomi, hanno i loro volti stampati sui poster o sulle magliette. Dopo il periodo trascorso nei campi di addestramento i ragazzi tornano tra i loro compagni, frequentano le scuole e diventano per loro dei modelli da imitare.



E non c’è neppure differenza tra i sessi. In un contesto in cui le donne faticano a veder riconosciuti i propri diritti, quello all’odio rispetta le pari opportunità. Nel video, dopo una parata di miitanti di Hamas, compare una giovane donna, Esra Halil Juma, consigliere militare per le ragazze. Le sue parole sono dure e crudeli quanto quelle degli uomini: “Gerusalemme sarà riconquistata solo grazie alla resistenza e alle armi. Io dico alla mia gente: puntate le vostre pistole in faccia al vostro nemico finchè Gerusalemme non sarà liberata e potremo finalmente costruire la Palestina”.



Decenni di odio possono generare solo odio. Nei bambini. Nelle donne. Organizzazioni terroristiche senza scrupoli sanno che in quei posti la loro parola può essere affascinante, seduttiva e dare una “speranza”. L’assurda speranza di una morte da martiri che non potrà mai portare a null’altro che altra morte e nuovo odio.
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