Gb, malata terminale accende una sigaretta mentre è attaccata all'ossigeno: muore carbonizzata nell'esplosione

Gb, malata terminale accende una sigaretta mentre è attaccata all'ossigeno: muore carbonizzata nell'esplosione
di Federica Macagnone
Martedì 21 Novembre 2017, 15:28 - Ultimo agg. 22 Novembre, 15:58
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Tutte le evidenze presentate in tribunale portano a una triste verità: Sharon Reid, 62enne di Yeovil, nel Regno Unito, ricoverata in una struttura per malati terminali, si sarebbe fatta esplodere, uccidendosi, accendendo una sigaretta vicino a una bombola di ossigeno. È passato un anno dal terribile incidente, ma solo adesso familiari e operatori della struttura sono davanti ai giudici per il processo che dovrà stabilire se si è trattato di un fatto accidentale o se la detonazione sia stata provocata volontariamente dalla paziente.

Sharon, fumatrice dall'età di 14 anni, aveva ricevuto il triste responso da parte dei medici a febbraio: aveva un cancro allo stadio terminale ai polmoni e le restava poco tempo da vivere. Il 30 agosto si è fatta ricoverare al St. Margaret Hospice: il 17 settembre la tragedia. Il dottor Howard Friend le aveva fatto visita nella notte dopo che era caduta dal letto e, intorno all'ora di pranzo, il fratello Mark era andato a trovarla: è stato lì che i dottori gli hanno comunicato che Sharon era stata trovata carbonizzata dopo l'esplosione causata dall'aver accesso una sigaretta accanto alla sua bombola di ossigeno. «Era di buon umore perché presto sarebbe stata trasferita dall'hospice in una casa di cura - ha raccontato Mark - Mia sorella era a conoscenza dei pericoli che poteva correre accendendosi una sigaretta durante l'utilizzo della bombola di ossigeno, ma non c'era alcun segnale che potesse  far pensare che volesse togliersi la vita: mi hanno detto che si era fatta saltare in aria nella sala fumatori. La morte è stata istantanea». Il dottor Friend ha confermatoto che la paziente era stata avvertita immediatamente, durante il ricovero, dei rischi che poteva correre accendendo una sigaretta durante l'ossigeno.

Chi, invece, ha detto di non essere a conoscenza del pericolo è stata Lynn Bromfield, che lavorava come assistente sanitaria della struttura e che quella mattina ha accompagnato Sharon nella saletta fumatori: «Non mi è nemmeno passato per la mente che fosse un problema - ha detto in aula – Ho ricevuto un po' di addestramento durante una lezione in cui si parlava di sicurezza in caso di incendio, ma non avevo fatto alcun collegamento tra le fiamme e l'ossigeno. Quando sono andata a prendere Sharon in sedie a rotelle è stata lei a dirmi che non poteva muoversi senza l'ossigeno. Non ricordo l'ora precisa, so solo di essere stata allertata dall'allarme proveniente dalla sala: ho guardato attraverso il vetro della porta e ho visto che Sharon era in fiamme. Non c'era niente che potessi fare. Ho premuto l'allarme antincendio e ho chiesto aiuto». Saranno i giudici a stabilire se si è trattato di un suicidio o di un tragico incidente: intanto in udienza hanno sottolineato come nella sala non ci fosse esposto alcun cartello che avvertisse del pericolo.
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