Ad un secolo di distanza, la Germania lo ammette nero su bianco: il massacro delle popolazioni Herero e Nama in Namibia durante il periodo coloniale tra il 1884 e il 1915 fu «genocidio». È questo il punto centrale di un accordo siglato dopo oltre cinque anni di trattative tra la Germania e il Paese africano. A titolo di «riconoscimento per il dolore inumano sofferto dalle vittime», Berlino verserà oltre un miliardo di euro - che sarà erogato in 30 anni - per sostenere i discendenti di Herero e Nama in progetti «per la ricostruzione e lo sviluppo», ha annunciato il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas. Il bilancio umano del periodo coloniale in quella che allora veniva chiamata Africa tedesca sudoccidentale è impressionante, tanto da far parlare gli storici del primo genocidio del Ventesimo secolo: tra i 65.000 e gli 80.000 Herero e tra 10-20.000 Nama furono massacrati, secondo le ultime ricerche.
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Durante il periodo della dominazione tedesca della Namibia, la rivolta scoppiata nel 1904 provocò una durissima reazione dei soldati imperiali.
«Abbiamo pensato a lungo che il periodo coloniale fosse stato troppo corto per procurare grandi danni», ha detto qualche settimana fa Michelle Muenterfering, sottosegretaria agli Esteri. In Germania «ci si può dimenticare del periodo coloniale», ma nella capitale della Namibia, Windhoek, non è possibile. Nomi delle strade, monumenti, chiese, negozi: tutto parla del passato coloniale, ha osservato Naita Hishoono, dell'Ong Namibia Institute of democract. Per il portavoce del presidente del Paese africano, Hage Geingob Alfredo Hengari, il riconoscimento del genocidio è «un primo passo nella giusta direzione» ma non è ancora sufficiente: «È la base di un secondo step, che è quello delle scuse, a cui seguiranno i risarcimenti». Maas al momento non ha parlato di riparazioni ma di «gesto di riconoscimento»: il termine «riparazioni» potrebbe aprire ad una lunga disputa legale, come sa bene Berlino dopo i numerosi accordi con la Polonia.
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