Ghosn braccato dall'Interpol dopo la fuga in Libano, ma il manager non verrà estradato

Ghosn braccato dall'Interpol dopo la fuga in Libano, ma il manager non verrà estradato
Ghosn braccato dall'Interpol dopo la fuga in Libano, ma il manager non verrà estradato
Giovedì 2 Gennaio 2020, 21:14 - Ultimo agg. 21:31
3 Minuti di Lettura
Perquisizioni in Giappone, fermi in Turchia, una richiesta di arresto dell'Interpol. Ma la fuga di Carlos Ghosn da Tokyo e il suo arrivo a Beirut rimangono avvolte nel mistero, così come appare improbabile una sua estradizione
per far fronte alle accuse della giustizia giapponese. Il Libano, infatti, non ha un trattato di estradizione con il
Giappone, mentre la Francia, di cui l'ex presidente della Renault-Nissan ha la cittadinanza, ha chiarito che se dovesse entrare nel Paese non verrebbe riconsegnato.

L'ex magnate dell'automobile caduto in disgrazia e indagato in Giappone - cittadino anche del Brasile e del Libano - cerca di allontanare i sospetti di complicità nella fuga di membri della sua famiglia, ma anche di responsabili di altri Paesi, affermando di avere «organizzato da solo» la sua partenza dal Giappone. «Le affermazioni sui media secondo le quali mia moglie Carole e altri membri della mia famiglia avrebbe svolto un ruolo nella mia partenza sono false e menzognere», sostiene Ghosn.

Ma le domande che rimangono senza risposta sono tante. Non è chiaro come le strette misure della libertà vigilata a cui Ghosn era sottoposto gli abbiano permesso di allacciare i contatti necessari per sottrarsi alla giustizia giapponese, che lo accusa di frodi fiscali e finanziarie. Fonti citate dall'agenzia francese Afp riferiscono che il manager avrebbe affittato un jet privato decollato dall'aeroporto di Kansai per raggiungere la Turchia. Da qui, con un altro aereo privato, è arrivato in Libano, dove è entrato legalmente esibendo uno dei suoi due passaporti francesi e la carta d'identità libanese.

Secondo la televisione giapponese Nhk, la magistratura nipponica aveva tenuto sotto sequestro un altro passaporto francese intestato a Ghosn, insieme con quello libanese e quello brasiliano, ma gli aveva restituito per motivi che non si conoscono il secondo passaporto francese a condizione che fosse tenuto sotto chiave dai suoi avvocati.

Il ministero dell'Interno di Ankara ha fermato sette persone, di cui quattro piloti, per interrogarle al fine di fare luce
sulla tappa turca della fuga. Mentre in Giappone la magistratura ha disposto perquisizioni nell'abitazione e in altri luoghi frequentati dall'ex presidente di Nissan-Renault. La televisione Nhk ha trasmesso le immagini di agenti in borghese con il volto coperto da mascherine mentre entravano nella casa di Ghosn.

Da parte sua l'Interpol ha trasmesso una richiesta di arresto del Giappone alle autorità libanesi, in vista di una richiesta di estradizione. Il ministro della Giustizia libanese Albert Serhan ha tuttavia sottolineato l'assenza di un trattato di estradizione con Tokyo, suggerendo che al massimo Ghosn potrebbe essere convocato per un interrogatorio.

Da parte sua la Francia, per bocca del segretario di Stato all'economia, Agnes Pannier-Runacher, ha chiarito fin d'ora che Parigi «non estraderà» l'ex presidente di Nissan-Renault qualora entrasse nel territorio nazionale, perché è cittadino francese.

Tutto quello che per ora ha potuto fare la magistratura giapponese è stato confiscare la cauzione da 1,5 miliardi yen (12,3 milioni di euro) che Ghosn, arrestato nel 2018, aveva versato per ottenere la libertà vigilata in attesa del processo. L'ex capo della Renault, che ha sempre respinto le imputazioni, accusando a sua volta la magistratura nipponica di «persecuzione politica», ha annunciato che terrà una conferenza stampa la settimana prossima.

Per il momento rimane chiuso nella sua casa in un quartiere bene del centro di Beirut, la città dove è cresciuto dopo essere nato in Brasile da immigrati libanesi 65 anni fa, e dove ha frequentato la prestigiosa scuola dei Gesuiti di Jamhour stringendo amicizie con i rampolli delle famiglie più potenti del Paese dei Cedri prima di completare i suoi studi in Francia.

Con il Libano ha sempre tenuto i contatti e nel 2012 diventò anche presidente onorario di una casa vinicola locale. In un'intervista all'agenzia Ansa in occasione della presentazione di un nuovo vino, disse: «Vi chiederete cosa ci fa qui un patron dell'automobile. Ebbene, ogni tanto fa bene evadere per riprendere le energie».

 
© RIPRODUZIONE RISERVATA