Gilet gialli, la guerriglia di Parigi: incendi e feriti, quasi 2.000 fermati

Gilet gialli, la guerriglia di Parigi: incendi e feriti, quasi 2.000 fermati
di Francesca Pierantozzi
Domenica 9 Dicembre 2018, 08:30 - Ultimo agg. 15:00
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PARIGI - «È il momento del dialogo», dice il primo ministro francese Edouard Philippe. Sono le sette e mezzo di sera del quarto sabato di rivolta dei Gilets jaunes. Il muro di polizia spiegato dopo il sabato di guerra del primo dicembre è riuscito ad arginare le violenze, che restano però, come dice il ministro dell'interno Castaner, «a un livello inaccettabile».

Proprio mentre Philippe parla di dialogo, la place de la République affoga nei lacrimogeni, la polizia carica, i casseurs (di gilets jaunes se ne vedono pochi) scappano, montano barricate, si disperdono nelle strade adiacenti, tornano alla carica. Il buio ha portato ieri le violenze tenute a bada durante il giorno: a Bordeaux, a Tolosa, a Marsiglia scoppiano incendi, la polizia spara proiettili di gomma, strade bloccate a ventimiglia e al confine belga, campionati sospesi. Ma il sabato nero è passato.

I cordoni di poliziotti (8mila a Parigi, 90 mila in tutta la Francia) hanno tenuto a bada chi rifiutava i controlli. Un dispositivo più mobile e reattivo ha disperso con più efficacia chi lanciava gli attacchi, chi cercava di entrare nei palazzi, chi spaccava vetrine, saccheggiava ristoranti. «E' il momento del dialogo, del lavoro, dell'unione», martella Philippe.
 
Il bilancio della giornata fotografa comunque un paese non ancora in pace: 115mila manifestanti in tutta la Francia di cui 10 mila a Parigi, 118 feriti, di cui 17 tra le forze dell'ordine, (erano stati 201 i manifestanti feriti sabato scorso, e ben 284 i poliziotti). In compenso questa volta molti tra i più radicali sono stati individuati e bloccati in anticipo: 1.385 identificazioni e 974 fermi, «cifre destinate a crescere» ha precisato ieri sera Castaner. I Gilets jaunes si sono ritrovati fin dal primo mattino in giro per la città, senza badare agli appelli a tenersi lontano dal centro lanciati dai loro portavoce, ma senza nemmeno cadere nella trappola dei casseurs, alla fine confinati nel pomeriggio intorno agli Champs Elysées e al Trocadero e la sera in place de la République.

I gilet gialli hanno gridato la loro rabbia a modo loro, fermandosi anche a chiacchierare con i celerini, cercando sullo stradario di Parigi sempre a portata di mano (molti si erano attrezzati con fotocopie) da che parte stavano gli Champs Elysées, e dove la Bastiglia. Si sono uniti nel primo pomeriggio ai 17 mila marciatori per il clima. Per loro la rivolta non è finita. Anzi.

E' come se cominciassero a imparare soltanto adesso come si manifesta. «Perché vogliamo proprio andare vicino all'Eliseo anche se ce lo vietano? spiegava ieri mattina Jacques, infermiere, sulla place de la Bastille appena arrivato dalla Bretagna perché se sentono che siamo vicini, mangiano meno tranquilli. Non devono mangiare tranquilli». Difficile prevedere cosa succederà sabato prossimo, quando dovrebbero cominciare i tavoli di concertazione in tutto il paese voluti dal governo per trovare insieme le misure più giuste. Ieri a Parigi i gilets jaunes hanno dimostrato proprio la loro imprevedibilità.

I blindati sono piazzati alla Bastiglia? Eccoli arrivare in dieci minuti in place de la République. I celerini li bloccano? Ripiegano sulla rue de Bretagne. Carica la Garde Républicaine con i cavalli? Virano all'improvviso e si ritrovano sui Grands Boulevard. Sempre con la cartina di Parigi in mano: «ma da che parte sta l'Eliseo?».

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