Giornalista di Al Jazeera uccisa, scontri al funerale: la polizia israeliana manganella anche chi porta la bara Video

Giornalista di Al Jazeera uccisa, scontri al funerale: la polizia israeliana manganella anche chi porta la bara Video
di Raffaele Genah
Sabato 14 Maggio 2022, 09:00
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La morte di Shireen Abu Akleh continua ad infiammare la piazza e ad alimentare le tensioni tra palestinesi e militari israeliani. Una disputa cominciata subito dopo la sparatoria tra i vicoli del campo profughi di Jenin, in Cisgiordania, durante un'operazione di polizia in cui la giornalista di Al-Jazeera è rimasta uccisa. Accuse reciproche e rimpallo di responsabilità su cui l'autopsia non è riuscita a dire una parola definitiva.
In questo clima si sono svolti i funerali presso la chiesa greco-melchita di Gerusalemme e si sono ripetute le scene che si erano in parte già viste il giorno prima accanto alla casa della giornalista, in un quartiere del quadrante Est della città. 

I tafferugli sono esplosi quasi subito, già all'uscita dell'ospedale francese nella zona di Sheh Jarrah, diventata simbolo degli scontri, da dove lo scorso anno era cominciata l'escalation che aveva portato alla guerra con Hamas.

E sono poi continuati lungo il percorso del corteo funebre. Secondo la polizia israeliana centinaia di partecipanti hanno lanciato sassi contro gli agenti, che avrebbero così risposto con granate assordanti e disperdendo la folla. Nella concitazione, la bara portata in spalla da un gruppo di palestinesi ha rischiato di finire in terra e questo non ha certo calmato gli animi. La salma è poi stata trasportata con un mezzo fino alla porta di Giaffa, nelle cui vicinanze è stato celebrato il funerale. La polizia ha diffuso una nota per spiegare che non avrebbe consentito che la cerimonia potesse trasformarsi in una ulteriore occasione di scontri. Le scene hanno fatto il giro del mondo suscitando indignazione. La Casa Bianca le ha definite «inquietanti». La portavoce Jen Psaki ha espresso il «rammarico» dell'amministrazione Biden e ha definito le violenze «un'intrusione in una processione pacifica». «L'Ue è sconvolta», ha invece denunciato l'Alto rappresentante per la politica estera Josep Borrell.

La giornata era già cominciata con altre violenze. L'operazione militare intorno alla città di Jenin, che la giornalista stava documentando al momento della sua morte, è ripresa fin dal primo mattino. E sono ricominciate anche le sparatorie in cui è rimasto ucciso un ufficiale dell'unità Yamam, l'élite antiterrorismo della polizia israeliana che stava operando insieme all'esercito e allo Shin Bet. Undici le persone ferite durante gli scontri, durati più di quattro ore.

La zona di Jenin, in passato già teatro di violentissimi tafferugli, soprattutto nell'area intorno al campo profughi, è passata da giorni al setaccio dai militari insieme ad altre località della Cisgiordania, dopo l'ondata di attentati che hanno insanguinato il paese, causando la morte di 19 cittadini israeliani e di 30 palestinesi negli scontri che ne sono seguiti.

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Shireen Abu Akleh, giornalista esperta e nota in tutto il mondo arabo, stava documentando proprio queste operazioni quando è stata colpita. Israele non si è assunto la responsabilità della morte sostenendo che il proiettile potrebbe essere invece partito da un'arma usata dai palestinesi e si è dichiarato disponibile ad un'inchiesta congiunta. Ma le autorità di Ramallah hanno replicato di non essere mai state informate di questa proposta e si sono affrettate ad eseguire per loro conto l'autopsia. Gli accertamenti sulla salma avrebbero verificato che il proiettile che ha raggiunto la donna sarebbe di un calibro simile a quello usato da entrambe le parti. E la morte della giornalista continuerà a gettare altra benzina sul fuoco delle polemiche e delle accuse incrociate.

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