Grano, Vlean (commissaria Ue): «Anche gli scali italiani nel piano dell'Europa. Serve l'aiuto dei privati»

Grano, Vlean (commissaria Ue): «Anche gli scali italiani nel piano dell'Europa. Serve l'aiuto dei privati»
Grano, Vlean (commissaria Ue): «Anche gli scali italiani nel piano dell'Europa. Serve l'aiuto dei privati»
di Gabriele Rosana
Giovedì 26 Maggio 2022, 07:00 - Ultimo agg. 15:25
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«Possiamo fare arrivare in Europa fino a 3-4 milioni di tonnellate di grano e mais dall'Ucraina già entro giugno, trasportandoli oltre confine via terra, su gomma o su rotaia, e pure attraverso i fiumi navigabili come il Danubio. Ma gli Stati membri dovranno mettere urgentemente a disposizione i loro stock agricoli per immagazzinare i prodotti, in attesa che vengano caricati sulle navi per poi raggiungere le destinazioni finali». La commissaria europea ai Trasporti Adina Vlean ha tra le mani il dossier dei corridoi della solidarietà con cui Bruxelles, combinando vari mezzi di trasporto, punta ad aggirare il blocco dei porti del Mar Nero da parte della Russia. Mosca - è l'accusa ripetuta dalla Commissione - dopo l'energia sta usando anche l'alimentazione come un'arma, tenendo in ostaggio oltre 20 milioni di tonnellate di cereali diretti in particolare nei Paesi del sud del mondo, dall'Africa al Medio Oriente, regioni altamente dipendenti dalle forniture di Kiev per cui si profila un concreto rischio fame e carestia. Parlando con il Messaggero, Vlean spiega che l'Ue non vuole lasciare nessuna rotta alternativa intentata e che i tir e i carri merci europei dovranno caricare le navi cargo attraccate negli scali del continente. Anzitutto quelli di Romania e Bulgaria che si affacciano sul Mar Nero, ma anche i porti del Baltico e dell'Adriatico. «Nel nostro piano prevediamo un ruolo pure per Trieste e Venezia». E sulle aperture di Mosca, che si dice pronta a consentire l'export agricolo ucraino, predica cautela: «Nessuno può dire cosa vuole davvero la Russia».

Commissaria Vlean, nelle scorse ore il primo treno carico di grano ucraino ha raggiunto il porto di Klaipeda, in Lituania. A che punto si trova il piano Ue dei corridoi della solidarietà?
«In questa fase, tutto si basa sulla comunicazione efficace e sul dialogo fra i vari soggetti coinvolti.

Siamo di fronte a un enorme sforzo logistico. Lo stiamo affrontando in cooperazione con gli Stati membri, che hanno istituito un punto di contatto nazionale per aiutarci a capire sia cosa serve sia cosa possono fare i vari Paesi per sostenere questa impresa collettiva. Allo stesso tempo, abbiamo creato una piattaforma in cui sono attivi oltre 300 operatori europei dei trasporti e della logistica che si sono messi a disposizione per consentire l'export dei prodotti ucraini. Dobbiamo necessariamente svuotare i silos per fare spazio al nuovo raccolto».

In concreto, come funziona la vostra strategia?
«Abbiamo suddiviso tutta l'Europa in alcuni raggruppamenti geografici: dal Mar Nero all'Adriatico, dal Baltico al Mare del Nord, dall'Atlantico al Mediterraneo, così da organizzare su base regionale il trasporto verso i principali porti interessati, da cui poi salpare verso le destinazioni finali. Usare gli approdi dell'Europa meridionale consente in particolare di contenere i costi della spedizione, ma per decidere dove dirigere le spedizioni raccogliamo puntualmente le informazioni sullo stato di congestione dello scalo. Sul Mar Nero abbiamo Costana, in Romania, e Varna e Burgas, in Bulgaria: la sfida principale è raggiungerli dal confine ucraino, e per questo stiamo esplorando i collegamenti via fiume, il Danubio, passando per la Moldavia. L'Adriatico è invece ben rappresentato dai porti di Venezia e Trieste, ma anche Capodistria e Krk. E pure la Germania può svolgere un ruolo con lo scalo di Amburgo. Tra l'uscita dall'Ucraina e l'arrivo negli scali portuali, abbiamo tuttavia individuato una fase intermedia, che prevede il necessario stoccaggio dei prodotti in alcuni snodi nevralgici situati lungo il percorso».

Secondo i vostri calcoli, di che quantità parliamo?
«A regime, prima della guerra, dai porti ucraini sul Mar Nero partivano ogni mese circa 5 milioni di tonnellate di cereali. Ad aprile abbiamo visto che l'Ucraina è riuscita a esportare 1,2 milioni di tonnellate; a maggio abbiamo da poco superato quota 1,5. Contiamo di riuscire ad arrivare a 3-4 milioni già il prossimo mese, utilizzando tutti i mezzi a nostra disposizione. Ma non dobbiamo dimenticare che è la prima volta che l'Ucraina trasferisce i suoi prodotti agricoli via terra; e purtroppo le quantità che possiamo spostare sono più ridotte e non sono paragonabili a quelle che si muovono via mare».

A tal proposito, quali sono le principali difficoltà che state affrontando?
«Anzitutto i controlli fitosanitari richiesti quando i prodotti lasciano il confine ed entrano nell'Ue e la capacità e il numero limitati dei vagoni e degli autocarri a nostra disposizione. Poi abbiamo pure il problema del trasbordo dei volumi di grano e mais, a causa della differenza di scartamento fra le rotaie dell'Ucraina e quelle degli Stati Ue».

Prima ha citato i porti del Nord-Est. Che altro ruolo vede per l'Italia nella strategia Ue?
«Sono convinta che l'apporto italiano sarà essenziale non solo per la posizione del Paese al centro del Mediterraneo e come centro d'uscita dei carichi agricoli dall'Europa, ma anche per aiutarci con la fornitura di tutti quei mezzi che mancano: dalle navi cargo ai vagoni ferroviari, fino ai container».

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