BRUXELLES - Dopo il riconoscimento delle due autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk, l’attacco su vasta scala in Ucraina. L’annuncio con cui lunedì sera il presidente russo Vladimir Putin aveva deciso di riconoscere le due entità separatiste filorusse nell’est dell’Ucraina ha preparato il terreno - anche attraverso operazioni di disinformazione - alla dichiarazione di guerra nelle prime ore di giovedì e l’aggressione in piena regola contro le forze armate del Paese. Mentre continuano le esplosioni, secondo i piani, l’invasione russa si sposterebbe oltre la linea di contatto stabilita dopo il conflitto del 2014 e raggiungerebbe il resto del Donbass non occupato e poi a sud, fino a Mariupol, ottenendo così l’accesso sul Mar d’Azov e ricongiungendosi con i territori già occupati della Crimea.
L’obiettivo di breve-medio termine di Putin è dividere l’Ucraina, destabilizzarla, demilitarizzarla, indebolirne le istituzioni, spingersi fino a ottenere un cambio di governo a Kiev, dove insediare (com’è stato il caso più volte nel recente passato) dei reggenti filorussi.
Bruxelles ha annunciato che nelle prossime ore - quando inizierà un summit straordinario dei leader dei Ventisette - lavorerà a un nuovo pacchetto di sanzioni massicce - l’inevitabile fase 2 dopo le prime misure mirate approvate ieri contro il cerchio magico del Cremlino e i titoli del debito russo -, «bloccando l’accesso alle tecnologie e ai mercati chiavi per la Russia, indebolendo l’economia e gli asset russi in Europa e bloccando l’accesso delle banche russe ai mercati finanziari europei».
Per il momento, l’esercito ucraino si troverà da solo ad affrontare la minaccia russa che avanza nel suo territorio, ma potrà contare sulle forniture militari e umanitarie e in aiuti finanziari dell’Occidente.
E la Nato? Gli Stati membri dell’Alleanza Atlantica hanno detto a più riprese che l’invio di truppe in Ucraina non sarebbe nei piani. La clausola di difesa collettiva prevista nel Trattato istitutivo viene attivata infatti solo in caso di attacco contro uno dei 30 Stati membri (e tra questi, per l’appunto, non c’è l’Ucraina). Ma siccome il Paese confina con tutto il fianco orientale dell’Alleanza, i Paesi Nato stanno rafforzando la loro presenza a est, temendo per la stessa integrità degli Stati più esposti, a cominciare da quelli del Baltico (Estonia, Lettonia e Lituania), che fino alla disgregazione dell’Unione sovietica 31 anni fa, proprio come l’Ucraina si trovavano sotto il giogo di Mosca.