Tensioni a Hong Kong, lo stato di diritto e la via del dialogo

Tensioni a Hong Kong, lo stato di diritto e la via del dialogo
​Tensioni a Hong Kong, lo stato di diritto e la via del dialogo
di Li Junhua*
Sabato 31 Agosto 2019, 01:09 - Ultimo agg. 13:01
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Da più di due mesi, disordini e violenze stanno fortemente minando la prosperità e la stabilità di Hong Kong, trascinando la capitale finanziaria internazionale in un pericoloso abisso. La comunità internazionale, Italia inclusa, segue con molta attenzione gli sviluppi della situazione: tutti coloro che sostengono lo stato di diritto e amano Hong Kong sono estremamente preoccupati per il suo futuro.
Le violenze si sono intensificate costringendo Hong Kong ad affrontare il momento più difficile da quando è tornata sotto la giurisdizione della Cina. Alcuni attivisti hanno utilizzato la violenza per fare irruzione nell’edificio del Consiglio Legislativo, hanno contravvenuto alla Basic Law di Hong Kong e fatto vilipendio della bandiera nazionale cinese. Non solo, hanno distrutto strutture pubbliche, paralizzato l’aeroporto e la metropolitana, trattenendo giornalisti e turisti, e hanno utilizzato armi letali contro la polizia, sovvertendo lo stato di diritto e l’ordine sociale. Hanno persino propugnato a gran voce l’indipendenza di Hong Kong, sfidando apertamente il principio “un Paese, due sistemi”.

E’ evidente che le manifestazioni violente sono ormai ben lontane dalla discussione sulla revisione della legge sull’estradizione, e hanno invece mostrato tendenze terroristiche, allo scopo di scatenare il caos e paralizzare Hong Kong. Tutti i suddetti atti sono considerati reati gravi in qualsiasi Paese basato sullo stato di diritto e devono essere puniti a norma di legge.

Dietro le rivolte, alcune forze esterne stanno giocando un ruolo estremamente vergognoso. Molti leader politici solente ad Hong Kong, architettano dietro le quinte fornendo supporto. Alcuni media hanno capovolto la realtà, arrivando a definire “repressione violenta” le azioni di ripristino dell’ordine e della legalità da parte della polizia di Hong Kong. Social media occidentali come Twitter e Facebook hanno ingiustificatamente bloccato un gran numero di account che riportavano la realtà della situazione a Hong Kong con motivazioni quali “violazione della libertà di parola” e “pressioni da parte del governo cinese”. Questa libertà di parola ostentatamente selettiva è offensiva. Ma c’è una cosa che non può essere cambiata: Hong Kong è cinese, gli affari di Hong Kong sono affari interni della Cina e non ci saranno ingerenze da parte di forze straniere.

Hong Kong è ritornata alla Cina già da ventidue anni e il principio “un Paese, due sistemi”, ha ottenuto un successo universalmente riconosciuto. Hong Kong è stata ritenuta per venti anni consecutivi l’economia più libera del mondo. La produzione economica totale nel 2018 è stata di 360 miliardi di dollari, con una crescita superiore al 100% rispetto al 1996. I turisti sono stati oltre 65 milioni, sei volte più che nel 1997. Secondo il “Global Go To Think Tank Index Report”, lo stato di diritto a Hong Kong è passato dalla 60° posizione al mondo nel 1996 al 16° posto nel 2018.

Tuttavia, la situazione attuale sta costando alla “Perla d’Oriente” la sua antica gloria. Più di 18 Paesi hanno lanciato avvertenze ai turisti sulla sicurezza ad Hong Kong, i settori della ristorazione, della vendita al dettaglio, il turismo e gli altri servizi sono stati fortemente colpiti. Non solo, il rischio di recessione nell’economia di Hong Kong è sempre maggiore. Le previsioni sulla crescita economica sono passate dal 2-3% allo 0-1%. La fiducia degli investitori internazionali ha subito una battuta d’arresto, trasmettendo pubblicamente una profonda preoccupazione per l’ambiente imprenditoriale di Hong Kong. Credo che anche le molte aziende italiane che operano ad Hong Kong in settori quali le assicurazioni finanziarie, la moda di alto livello, la logistica e i trasporti abbiano subito un forte contraccolpo. «Niente è più vantaggioso della stabilità, nulla è più dannoso del caos».

Qualche giorno fa, il capo esecutivo di Hong Kong, Carrie Lam, ha ribadito che il governo della regione amministrativa speciale è fiducioso di riuscire a risolvere autonomamente la situazione e si è fatto carico della responsabilità di fermare al più presto le violenze e ripristinare l’ordine sociale. Il governo di Hong Kong ha inoltre avviato una serie di misure, come la creazione di una piattaforma per la comunicazione e il dialogo e il lancio di azioni di salvataggio, cercando di stabilizzare gli animi della popolazione, di incoraggiare la fiducia e far ripartire l’economia. Il governo cinese sostiene fermamente l’operato di Carrie Lam e dell’amministrazione di Hong Kong, riponendo la massima fiducia nella capacità della polizia di Hong Kong di far rispettare rigorosamente la legge e fermare le violenze. Speriamo quindi che Hong Kong possa uscire al più presto dal caos, mettere da parte le controversie politiche e concentrarsi su uno sviluppo equilibrato. Il caos è un vicolo cieco: l’unica via percorribile è quella dello stato di diritto.

* Ambasciatore della Repubblica Popolare Cinese in Italia

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