Huawei perde Google, la Silicon Valley chiamata alle armi: guerra per la supremazia tecnologica

Huawei perde Google, la Silicon Valley chiamata alle armi: guerra per la supremazia tecnologica
di Andrea Andrei
Martedì 21 Maggio 2019, 07:38 - Ultimo agg. 24 Maggio, 16:46
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Ciò che sta accadendo in queste ore tra Huawei e alcune delle più importanti aziende tech americane è molto più che una semplice questione di mercato. Potrebbe essere invece il primo atto realmente ostile di un grande conflitto tecnologico che vede contrapposti il blocco occidentale e quello cinese. La guerra fredda da domenica ha infatti preso una piega inaspettata, e la bomba sganciata dagli Stati Uniti rischia di generare un terremoto i cui scossoni possono propagarsi ben oltre i confini nazionali.

Google chiude con Huawei, cosa succede adesso

Gli smartphone già venduti per ora sono salvi

La sospensione della licenza di Android a Huawei da parte di Google assesta un colpo durissimo alla casa cinese, che di fatto si ritrova a non avere più un sistema operativo per i propri dispositivi mobili. Il danno, oltre che di immagine (nonostante le rassicurazioni di Huawei, si è già diffuso il panico in rete fra i suoi utenti) è tecnico: se anche l'azienda riuscisse a dotare i suoi device di un altro sistema operativo, come Android Open Source Project (una versione di Android aperta, senza le app dei servizi Google installate) o il suo Kirin OS, a cui sta lavorando da oltre un anno, non è detto che riuscirebbe a risolvere il problema. Innanzitutto perché perderebbe competitività (un software ha bisogno di rodaggio per essere davvero efficiente), in secondo luogo perché essendo la questione squisitamente politica, va oltre le regole di mercato, e un Paese può bloccare un software se lo considera pericoloso per la sicurezza nazionale. Il che è esattamente ciò che già accade in Cina da anni proprio con i servizi Google, che lì sono banditi al pari di tutte le principali piattaforme social occidentali.
 




LE PARTECIPAZIONI
Un paradosso che vedeva il principale colosso tech del Dragone legato a doppio filo con l'azienda di Mountain View, di cui il governo cinese diceva esplicitamente di non fidarsi. Due anni fa, nella sede di Huawei a Shanghai, il ceo della divisione consumer, Richard Yu, disse a Il Messaggero di non essere affatto preoccupato da questo aspetto, visto che «i rapporti commerciali con Google sono ottimi». Come ottimi erano i rapporti commerciali con Intel, Qualcomm, Xilinx e Broadcom, tutte aziende della Silicon Valley di cui Huawei si serviva per assemblare i propri dispositivi e che adesso, proprio come Google, hanno sospeso i rapporti con il gigante cinese. E molti sono pronti a scommettere che anche Microsoft seguirà l'esempio. Allo stesso tempo, alcune delle maggiori aziende occidentali di tecnologia sono legate a fornitori cinesi, prima fra tutte Apple. Non è un caso se proprio quest'ultima sia la principale candidata a finire nel mirino di eventuali vendette cinesi alle restrizioni subite da Huawei: nel grande Paese asiatico, da quando i rapporti con gli Usa si sono inaspriti, sta guadagnando sempre più consenso il movimento Boicotta Apple. In questo inedito sovranismo digitale che si sta delineando, nell'eventualità in cui lo strappo non dovesse ricomporsi (come accadde l'anno scorso con la messa al bando di Zte, anche se il contesto politico era diverso e non si era entrati nel vivo della battaglia per le reti 5G), non solo le nazioni ma anche le aziende dovranno scegliere da che parte stare. Il che potrebbe essere complicato, visto che alcune società sono partecipate da entrambi i blocchi.

È il caso di Lenovo: la multinazionale cinese ha acquisito nel 2005 la divisione pc di Ibm e nel 2014 il marchio Motorola, proprio da Google, ritrovandosi ora con una sorta di cavallo di Troia. Certo anche l'Europa e gli Usa hanno i loro, di cavalli di Troia, a cominciare dall'Italia, dove un'alta percentuale delle reti mobili è di proprietà di Huawei. Alla vigilia della resa dei conti sul 5G, che è poi il vero oggetto del contendere, resta da capire quale sarà il vantaggio per Google, che ora è come se fosse stata investita ufficialmente del compito di rappresentare gli Stati Uniti in questa guerra commerciale. Di sicuro, a brindare per ora è la coreana Samsung, che è improvvisamente senza il suo principale competitor, diventando la prima alternativa per il mercato degli smartphone Android. Almeno fino alla prossima puntata.
 

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