L'economia cinese rallenta ancora: nel 2018 il tasso di crescita più basso in 28 anni

L'economia cinese rallenta ancora: nel 2018 il tasso di crescita più basso in 28 anni
di Erminia Voccia
Lunedì 21 Gennaio 2019, 20:31 - Ultimo agg. 22 Gennaio, 10:48
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Alcune industrie nel Guangdong avrebbero chiuso i battenti prima delle tradizionali vacanze del Capodanno cinese, Apple avrebbe venduto in Cina molti meno smartphone del previsto e Ford Motor a novembre 2018 avrebbe tagliato del 70% la produzione a Chongquing. Cosa sta succedendo all'economia cinese?

L'economia in Cina continua a rallentare, la crescita annuale nel 2018 ha toccato il livello più basso degli ultimi 28 anni, attestandosi al 6,6%, il tasso più basso dal 1990, l'anno successivo alla violenta repressione delle proteste di PIazza Tienanmen.

Stando ai dati ufficiali diffusi lunedì 21 gennaio, la frenata è stata ancora più pesante nell'ultimo trimestre del 2018, quando il prodotto interno lordo cinese è cresciuto del 6,4% rispetto all'anno precedente, la performance peggiore mai registrata dall'inizio della crisi finanziaria globale. Il tasso di espansione della seconda economia del mondo resta alto rispetto agli standard globali ma preoccupa gli economisti, abituati ad anni di crescita dell'economia del gigante cinese a ritmi più che sostenuti. Se nel decennio precedente al 2008 l'economia del Dragone si attestava a tassi di crescita media prossimi al 10%, tra il 2015 e il 2016 l'andamento della crescita cinese è sceso all'attuale 6-7%. L'ulteriore rallentamento avvenuto nel 2018 era stato già annunciato ma, secondo alcune analisi, potrebbe essere peggiore di quello dichiarato. Per gli economisti, la frenata cinese rischia di avere serie conseguenze sull'economia mondiale dal momento che la Cina ha rappresentato circa un terzo della crescita globale degli ultimi anni. Le conseguenze peggiori riguarderebbero le aziende come Apple e i grandi produttori di automobili.

Su questo risultato avrebbero pesato lo scontro commerciale in corso tra Pechino e Washington, che quindi avrebbe fatto sentire i suoi effetti in Cina, l'incapacità del governo cinese di sostenere la domanda interna di prodotti e gli sforzi del presidente Xi Jinping tesi a contenere il debito, vecchio fardello della Cina. Secondo il Wall Street Journal, inoltre, il calo della domanda globale avrebbe contribuito a ridurre le vendite cinesi all'estero. Ancora secondo il Wall Street Journal, il tasso di disoccupazione in Cina sarebbe salito dal 4,8% di novembre 2018 al 4,9% di dicembre. Poi ci sono i faraonici investimenti delle Nuove Vie della Seta, progetti irrealizzabili nella loro interezza, secondo molti, e lenti a dare un ritorno economico nelle regioni più esterne della Cina.

Altri dati resi pubblici il 21 gennaio sono meno preoccupanti, ma restituiscono ugualmente l'immagine di un'economia che perde velocità. Le vendite al dettagliosono salite al + 8,2% rispetto al 2017, in miglioramento se considera l'8,1% di novembre, quando però il dato era stato il più basso degli ultimi 15 anni, scrive il South China Morning Post di Hong Kong. Allo stesso modo, la produzione industriale segna un + 5,7% a dicembre 2018 rispetto a un anno fa, in aumento se si considera il dato di novembre del 5,4%, che però era stato il più basso dal 2008.



«L'economia affronta un pressione verso il basso», ha dichiarato Ning Jizhe, a capo dell'Ufficio Nazionale di Statistica durante la conferenza stampa del 21 gennaio. Ning ha riconosciuto il peso esercitato sull'economia cinese dalla guerra commerciale in atto con Usa, ammettendo il difficile momento ma stemperando i pronostici negativi riguardo la domanda interna, problema che la Cina stenta a risolvere. La crescita dei salari dal 1980 ad oggi ha stimolato la domanda interna di beni, ma per gli analisti la Cina sarebbe ben lontana dall'obiettivo di rendersi indipendente dai mercati stranieri. «La solida crescita dei salari ha sostenuto i consumi ma adesso c'è un senso di ansia riguardo il futuro», ha dichiarato a Reuters Naoto Saito del Daiwa Institute of Research di Tokyo.

Le tensioni commerciali e le politiche di Pechino hanno reso ancora più difficile investire in Cina, aggravando le stime future per la crescita. «Gli investimenti europei in Cina stanno diminuendo», ha tuonato il commissario per il commercio dell'Unione Europea Cecilia Malmström. «Questo avviene - ha proseguito Malmström durante una conferenza stampa a Washington - perché sta diventando sempre più complicato fare affari lì, a causa del trasferimento forzato di tecnologia, della mancanza di trasparenza, dell'atteggiamento discriminatorio verso le aziende europee, se paragonato al trattamento riservato alle aziende cinesi, e causa dei sussidi alle compagnie statali».

Tuttavia, il ridimensionamento dell'economia cinese è comunque meno rilevante rispetto all'andamento della crescita economica globale. Come ha notato Graham Allison infatti, per la Cina la contrazione è stata pari a un terzo rispetto ai livelli precedenti alla crisi, mentre a livello globale la crescita economica si è quasi dimezzata. Inoltre, la crescita del comparto industriale in Cina può essere considerata positiva perché era sottostimata al +5,3% da uno studio di Bloomberg. Il tasso di crescita della Cina per il 2019 sarà annunciato durante la sessione annuale dell'assemblea legislativa nazionale che si terrà a inizio marzo. Secondo gli osservatori, questo tasso dovrebbe essere fissato tra il 6% e il 6,5%, un ritmo di crescita “ragionevole” secondo il presidente Xi. Per stimolare l'economia Pechino starebbe lavorando a un piano per ridurre le tasse sia per i cittadini che per le imprese, in particolare nel settore tecnologico, centrale per gli ambiziosi piani di sviluppo cinesi.

L'andamento del prodotto interno lordo cinese dal 2009 al 2018. Fonte: Global Times, quotidiano che esprime il punto di vista del governo di Pechino









 
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