Come Trump con Obama, così Biden con Trump.
Una promessa chiara, quasi solenne: una presidenza nuova con l’ambizione dell’esatto contrario della presidenza vecchia.
Un’America da rovesciare, fatta di fatti e non di parole, fondata sulla stabilità e non sui tweet, in grado di rimettersi seduta al tavolo dei grandi, in generale per tornare a dialogare con tutti, ma in particolare per riprendersi quella leadership erosa da un’erosa credibilità.
Una sorta di colossale restaurazione che muove il suo primo passo sul dossier dell’anno. Contro il Covid: mascherine, prudenza e soprattutto scienza.
Poi le nomine, con la rivoluzione di tante donne.
Con Janet Yellen, ex numero 1 della Federal Reserve, al Tesoro. Con Havril Haines, ex numero due della Cia, al vertice dei servizi di intelligence. Con Linda Thomas-Greenfield, diplomatica di lungo corso, alle Nazioni Unite.
Un tris che, al di là dei rispettivi ruoli, è anche un messaggio alla nazione.
Come la nomina di John Kerry sul fronte Clima, che anticipa il ritorno nel perimetro multilaterale dell’Accordo di Parigi e una vera e propria crociata green che già ribalta, letteralmente, il quadriennio firmato Trump.
Unica grande incognita, Anthony Blinken segretario di Stato. “Falco” e addirittura interventista secondo alcuni, esperto e ragionevole secondo altri.
La quiete dopo la tempesta, insomma. La calma rappresentata da Biden come proverbiale virtù dei forti.
Non più «Prima l’America» dell’«America First» di The Donald.
Ma l’America prima: di nuovo al comando, di nuovo guida, di nuovo leader.