Tregua in Libia, il patto della Ue

Tregua in Libia, il patto della Ue
Tregua in Libia, il patto della Ue
di Marco Conti
Lunedì 20 Gennaio 2020, 08:46 - Ultimo agg. 13:40
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dal nostro inviato
BERLINO 7 titoli, 55 punti e nemmeno 4 ore di riunione. Giusto il tempo per far capire ai due contendenti, chiusi in due diverse stanze della Cancelleria, che si deve far di tutto per cercare di passare dalla tregua alla pace. Di una Conferenza a Berlino sulla Libia si parlava invano sin dallo scorso settembre. Sino a qualche giorno fa non c'era nemmeno una data. Alla fine è uscito un documento articolato di fatto eguale alla bozza circolata nei giorni scorsi. La Cancelliera Merkel fa la padrona di casa. Lascia l'iniziativa alle Nazioni Unite, dopo aver schierato l'Europa che conta. Nella capitale tedesca arrivano i principali leader dei Paesi europei e arabi, oltre ai rappresentanti di Usa, Ue, Unione africana e Onu.

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EMBARGO SULLE ARMI
Il documento finale spiana la strada ad una cessate il fuoco duraturo, a un embargo sulle armi dirette verso il Paese e alla fine delle ingerenze straniere. Un work in progress tutto da verificare, ma che cambia il registro del confronto che passa dalle armi alla diplomazia. Haftar e Serraj continuano a non volersi parlare e si rifiutano di incontrarsi, ma alla fine scontano la firma che i rispettivi sponsor mettono sotto il documento conclusivo. La guerra per procura dovrebbe terminare definitivamente seguendo un percorso che parte da una tregua immediata per arrivare, attraverso regolari elezioni, all'insediamento di un nuovo governo libico unitario.

Presupposto di tutti ciò è il disarmo delle milizie, l'embargo sulle armi e le sanzioni monitorie per chi continua a non rispettarlo. Haftar deve permettere l'estrazione di greggio, mentre nel documento non c'è la forza di interposizione anche se al punto 55 si dice di riportare il lavoro fatto nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. L'idea è spinta dall'Italia, rilanciata di recente dallo stesso Serraj e ripresa anche da Mosca, Parigi e dal primo ministro britannico Boris Johnson.

Pesa la rivalità tra Serraj e Haftar. I due sono stati informati all'inizio e alla fine dalla Cancelliera sull'andamento dei lavori. Non hanno firmato il documento, ma alla fine hanno dato comunque il loro assenso alla nomina dei membri del comitato militare 5+5 che, secondo il piano di azione dell'Onu, dovrebbe monitorare il cessate il fuoco e stabilire la linea degli schieramenti. Ma l'ostacolo più grande, probabilmente, oltre alle rivalità interne, sarà misurare la reale volontà di applicare in pratica quanto hanno sottoscritto a Berlino quelli che fino a ieri hanno continuato a incrementare la propria influenza nel Paese: la Turchia, la Russia, gli altri stati arabi, in primis Egitto e Emirati Arabi Uniti. Ma anche, seppure senza ammetterlo, la Francia.

Ieri era il momento dell'esultanza, con la cancelliera tedesca Angela Merkel che insieme al segretario generale dell'Onu Antonio Guterres si presenta soddisfatta in conferenza stampa per annunciare che «tutti sono d'accordo» su una soluzione politica e per rispettare l'embargo sulle armi. Da Vladimir Putin al turco Erdogan, dall'egiziano al Sisi ai rappresentanti degli Emirati arabi, sino agli Stati uniti rappresentati dal segretario di Stato Mike Pompeo, passando per Francia, Germania, Gran Bretagna, Unione Europea, Algeria, Lega Araba, Unione Africana.

ALTA PARTECIPAZIONE
Un livello di presenze mai raggiunto nei precedenti tentativi, e che ha contribuito al successo, ma che dà anche il senso di come si sia complicata la vicenda per lo spropositato aumento dei protagonisti.
La certezza che domani non si riprenderà a sparare in Libia non ce l'ha nessuno, ma Berlino è la prova che se l'Europa vuole ha la forza di imporsi anche a russi e turchi e sa tirare per la giacca anche Washington.
Il passaggio in Consiglio di Sicurezza sottrae la vicenda ad affare a due, la avvolge in un multilateralismo dal quale non si può sottrarre la Francia ma non è detto che all'Italia torni lo spazio degli anni scorsi anche se Di Maio è rientrato a Roma gongolante per il giudizio espresso dalla Cancelliera: «Complimenti, ho sentito parlare molto bene di lei».

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