Il virus, la guerra fredda
tra Cina e Usa
e il monito di Laocoonte

Luigi Di Maio
Luigi Di Maio
di Marco Conti
Giovedì 26 Marzo 2020, 13:45 - Ultimo agg. 15:11
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ROMA L’eclissi di importanti paesi europei viene datata tra le due guerre mondiali, quando si mostrò la potenza degli Stati Uniti. Quella del Regno Unito con la crisi di Suez del ‘56. Nella nuova guerra fredda tra Usa e Cina la pandemia in corso rischia di diventare un importante spartiacque. Pechino da giorno sta provando a ribaltare le responsabilità che ha avuto nella diffusione del Covid-19 attribuendolo persino ad un gruppo di militari Usa che sono passati per Wuhan. Gi Usa rispondono proponendo al G7 che il virus venga chiamato “Wuhan-virus”. 

Il tentativo cinese di soppiantare gli Usa come potenza regolatrice, pronta ad assistere e ad intervenire, è sotto gli occhi di tutti. 

Nè sappiamo qualcosa noi italiani che continuiamo a salutare come “salvatori” spariti gruppi di medici cinesi che arrivano in Italia con qualche chilo di mascherine. Nei mesi scorsi l’Europa ha fatto moltissimo per aiutare la popolazione cinese, ma Bruxelles non riesce mai a valorizzare i suoi interventi e, soprattutto, non come fanno i cinesi che in Italia sbarcano già armati di striscioni multilingue ‘buoni’ per fotografi e telecamere.

La delusione per come gli Stati Uniti sta gestendo questa crisi mondiale è forte. Washington continua a non tenere in nessuna considerazione nemmeno i suoi alleati atlantici e, con la vicenda del presunto tentativo della Casa Bianca di acquistare solo per sé il vaccino tedesco ha dato ulteriore prova di scarsa solidarietà. Sarebbe però un errore accreditare la bontà di un sistema, quale quello cinese rispetto alla democrazia americana e occidentale o quello russo che ha generosamente fatto arrivare a Pratica di Mare numerosi Antonov carichi di mascherine.

Intervistato dal Corriere il ministro degli Esteri Luigi Di Maio dice che la Cina è stata la prima a rispondere e che si tratta di Realpolitik.  Resta però la lezione di Virgilio che a Laoconte, disperato perché tentava di dissuadere i troiani dal trasportare il cavallo di legno gentilmente lasciato dai greci fuori dalla porta, fa dire quel “timeo Danaos et dona ferentes” che potrebbe valere anche stavolta. 

Il  ‘cavallo’ è davanti alla porta non dell’intero Occidente e ha le forze di chi valorizza sistemi tutt’altro che democratici soltanto perché sono riusciti a contenere la pandemia con meno caos e approssimazione.
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