Niente telecamere, niente interviste, preferisce che non sia reso pubblico neppure il suo nome. Ha raccontato ciò che ricorda all'ambasciatore italiano a Londra, Pasquale Terracciano, e al console generale, Massimiliano Mazzanti, accolti stamattina da soli. Per il resto, a vigilare sulla sua privacy ha provveduto la cortese severità degli addetti alle relazioni pubbliche della struttura ospedaliera, non lontano dal luogo in cui ha visto l'inferno. Con lei sono ricoverati altri feriti scampati alla follia di Khalid Masood. Anche qualche poliziotto, a giudicare dall'andirivieni di agenti e cellulari.
Nella notte «la signora è stata operata e ora sta meglio», riferisce all'Ansa Terracciano, che alla paziente ha portato i messaggi personali di solidarietà del presidente della Regione Lazio e del sindaco della capitale, Nicola Zingaretti e Virginia Raggi. «È provata, inevitabilmente, anche per il trauma psicologico di essersi trovata nel mezzo dell'attentato terroristico», spiega l'ambasciatore, sottolineando che «ha riportato una frattura scomposta di tibia e caviglia». Ma soprattutto che «ha perso conoscenza per circa 10 minuti» dopo essere stata sbalzata sull'asfalto da quel suv trasformato in un'arma per uccidere alla cieca. Un primo intervento è servito a sistemarle la caviglia. Un secondo potrebbe essere necessario alla tibia, ma lei intende tornare a Roma appena sarà in grado di viaggiare - entro tre o quattro giorni, secondo i medici londinesi - e farsi eventualmente rioperare in Italia. La ferita al capo, fortunatamente, non si è rivelata grave, come ha confermato la tac. Mentre le lesioni a due vertebre cervicali fanno male, ma passeranno «con un mese e mezzo di riposo».
Per il rimpatrio entrerà in azione l'unità di crisi della Croce Rossa italiana, che se ne occuperà in collaborazione con l'ambasciata.
Intanto il consolato le ha messo a disposizione un'assistente per darle sostegno costante in queste ore. Il racconto affidato ai diplomatici è in effetti un racconto da film dell'orrore. Sinistro. La turista e il suo compagno si sono ritrovati su Westminster Bridge quasi come per un appuntamento beffardo con la malasorte. Ma è stata lei, in extremis, a fermarsi: pensava d'essersi incamminata sul ponte che va verso la Torre di Londra quando a un certo punto ha capito di aver imboccato quello che sorge dall'altra parte del Parlamento e ha fatto dietrofront. È stata «una fortuna», come osserva Terracciano, perché così ha evitato almeno di ritrovarsi «nella zona del primo impatto». Il suv, piombato a tradimento sul marciapiedi, l'ha comunque colpita di rimbalzo, con il paraurti, scaraventandola al suolo. Dove ha riaperto gli occhi una decina di minuti dopo.
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