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Elezioni Francia, Macron: «Noi, europei e uniti». E incassa l’appoggio dell’estrema sinistra

«Fermare l’ultradestra, niente è ancora deciso. Ora un nuovo movimento». Melenchon ai suoi: nemmeno un voto a Marine

Macron: «Nulla è deciso, settimane decisive per la Francia e per l'Europa»
Macron: «Nulla è deciso, settimane decisive per la Francia e per l'Europa»
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Domenica 10 Aprile 2022, 22:01 - Ultimo agg. : 11 Aprile, 05:57
4 Minuti di Lettura

Alle 20 e un secondo esplode la sala a Porte de Versailles. Un grido diverso da quello di cinque anni fa: allora fu la sorpresa, la meraviglia, la gioia dei conquistatori, un candidato all’Eliseo di 39 anni e senza partito che si piazzava primo al primo turno, sbaragliando tutti i leader dei partiti tradizionali. Ieri era il sollievo. Un senso di scampato pericolo. Nessuno si abbracciava come cinque anni fa, ma tutti urlavano lo slogan a cui finalmente ci si può abbandonare con più fiducia, «uno, due, cinque anni di più», sullo sfondo dello slogan di campagna, «Nous tous», tutti noi. E la gigantografia di Emmanuel Macron dietro al palco. 

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Partita aperta

Anche se i giochi non sono fatti, anche se dietro le quinte la squadra del presidente continua a mettere le mani avanti, a dire che la campagna non è per niente finita, anzi, che ne comincia un’altra tutta nuova, quando sono apparsi i primi numeri, gli oltre quattro punti di distacco su Marine Le Pen, è stata la liberazione. Il presidente ha aspettato i risultati all’Eliseo, nel suo ufficio. Ha lasciato il palazzo per raggiungere i suoi quando tutti gli altri candidati avevano già parlato, quando la neogollista Pecresse, la socialista Hidalgo, il comunista Roussel, il verde Jadot avevano già chiesto di votare per lui per arginare l’estrema destra di Le Pen, quando perfino Mélenchon, in modo molto più chiaro di cinque anni fa, aveva già ripetuto per ben quattro volte ai suoi: «nemmeno un voto per Le Pen». 
Quando finalmente arriva davanti ai suoi, Macron non ha il tono del trionfo, e sveste subito i panni del presidente “divisivo” che denunciano i suoi avversari, e cita uno per uno i candidati del primo turno, dalla trotzkista Nathalie Arthaud all’estrema destra di Zemmour, e chiede di applaudirli, tutti, perché «questa è la democrazia». E poi è l’appello a ricostruire il fronte repubblicano che sembrava scomparso alla vigilia del primo turno: la diga trans-partitica che storicamente ha sempre tenuto in Francia quando si tratta di arginare l’arrivo dell’estrema destra al potere. «Chiedo a tutti i concittadini, qualsiasi sia la loro sensibilità, di unirsi a noi, alcuni lo faranno solo per sbarrare il passo all’estrema destra, e so che questo non significherà sostegno al mio progetto». 

Nuovo movimento

E per ritrovare la forza “disruptiva” delle origini, Macron dice di «essere pronto a inventare qualcosa di nuovo per riunire convinzioni diverse, e costruire un nuovo movimento politico di unità al servizio della nostra nazione». Per Emmanuel Macron, adesso si tratta di non ripetere gli errori che hanno fatto tremare un pezzo di Francia alla vigilia del primo turno: l’impressione di aver vinto in anticipo, di non avere bisogno di spiegare il programma, di voler continuare a essere presidente senza bisogno di rivestire i panni del candidato. 

Scontro frontale

Resta il fatto che la campagna del ballottaggio, quella dello scontro diretto e soprattutto del dibattito frontale è la campagna che gli è più congeniale. Su lui può pesare come un ostacolo il ricordo del successo schiacciante del dibattitto televisivo contro Marine Le Pen di cinque anni fa. Allora la candidata del Front National perse la testa, gli lasciò la vittoria facile, si mostrò impreparata e aggressiva, lui più freddo, implacabile. I tempi sono cambiati. Macron ha ora un bilancio da difendere, Le Pen ha avuto il tempo prepararsi. 
Lo scontro è previsto per il 20 aprile, la squadra del Front National ha lasciato alla candidata tre giorni liberi di incontri e comizi a ridosso del dibattitto. Ma Macron non dovrà solo battere Le Pen in duello, dovrà anche convincere gli elettori di destra e sinistra, tradizionalmente non inclini a obbedire pedissequamente alle consegne dei loro candidati sconfitti: «dalla socialdemocrazia al gollismo» dicono a En marche. Anche se la parola d’ordine è fare profilo basso, il risultato intorno al 28 per cento è comunque considerato un successo, meno del 30% sfiorato un mese fa, dopo l’inizio della guerra in Ucraina, ma superiore al 23 o 24% che pronosticavano alcuni sondaggi delle vigilia.

La campagna

«Emmanuel Macron ha tenuto» analizzava ieri François Patriat, senatore di En Marche, in mezzo alla folla alla Porte de Versailles, confermando che tutti, anche la guardia stretta, ha temuto che ci potesse essere una brutta o addirittura bruttissima sorpresa. «Adesso è necessario andare incontro agli elettori, fare campagna sul campo» ha detto subito Jean-Baptiste Djebbari, ministro ai Trasporti. Appello che Macron sembra avere recepito subito. Oggi sarà già nella banlieue di Parigi e sabato ci sarà un enorme kermesse a Marsiglia. I primi pronostici per il ballottaggio danno Macron all’Eliseo, ma di misura, con il 54-51 per cento contro il 46-49 a Le Pen. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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