Una svolta, peraltro annunciata, nell'inchiesta della magistratura di San Isidro sulla morte di Diego Armando Maradona, avvenuta il 25 novembre scorso nel Barrio San Andres a Tigre, a 25 chilometri da Buenos Aires. I magistrati della Fiscalia (procura) di San Isidro hanno modificato il capo di accusa per sette medici che avrebbero dovuto assistere l'ex campione del Napoli e della Seleccion argentina, da omicidio colposo in omicidio semplice con dolo eventuale, punito con una detenzione da 8 a 25 anni di carcere.
I sette indagati sono: Leopoldo Luque, neurochirurgo; Agustina Cosachov, psichiatra; Carlos Diaz, psicologo; Ricardo Almiron, infermiere; Dahiana Madrid, infermiera; Nancy Forlini, coordinatrice dell'assistenza domiciliare, e Mariano Perroni, coordinatore degli infermieri.
La svolta nell'inchiesta sulla fine del Campione è avvenuta a pochi giorni dalla consegna della perizia di undici professionisti incaricati dalla magistratura di accertare non soltanto le cause della morte ma anche il livello di assistenza che era stato prestato da medici e infermieri, in particolare nell'ultimo mese, dopo l'operazione al cervello presso la clinica Olivos. Secondo la commissione, Diego «era stato abbandonato alla sua sorte» e il trattamento medico era stato «deficitario». Gravissimo un punto della relazione: Maradona sarebbe stato in agonia per dodici ore senza che vi fosse l'intervento di un medico, un infermiere, un assistente, un familiare in quella stanza dell'appartamento a Tigre, preso in affitto dalla figlia Gianinna perché il padre non voleva proseguire la riabilitazione in una struttura specializzata. Diego avrebbe potuto continuare a vivere - è la sintesi della relazione - se fosse stato seguito in maniera adeguata dai medici.