Marocco, la stuprano in otto e la minacciano di pubblicare il video della violenza: 17enne si uccide

Marocco, la stuprano in otto e la minacciano di pubblicare il video della violenza: 17enne si uccide
di Federica Macagnone
Sabato 6 Agosto 2016, 14:21 - Ultimo agg. 7 Agosto, 16:05
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Non ha retto al peso della vergogna e alle minacce di quegli uomini che, dopo averla stuprata, l'avevano contattata per dirle che avrebbero messo on line il video dello stupro: una 17enne si è data fuoco dopo essere stata abusata da otto uomini che continuavano a tormentarla dopo essere stati rilasciati dietro il pagamento di una cauzione.

È successo in Marocco dove, alla fine della scorso anno, la ragazza è stata trascinata in una casa tra Ben Geurir e Marrakech ed è stata violentata a turno da otto uomini: sette di loro – individuati come trafficanti di droga – furono arrestati. L'ottavo venne portato in cella dopo aver violentato un ragazzo appena due mesi dopo lo stupro di gruppo. Tuttavia, dopo un periodo dietro le sbarre, gli aguzzini, in attesa del processo, vennero liberati dietro il pagamento di una cauzione. Da allora, oltre alla sofferenza che aveva subito, la ragazza veniva costantemente minacciata via mail:

Secondo Omar Arbib, membro di una associazione per i diritti umani con base a Marrakech, gli stupratori continuavano a dirle che, se non avesse ritirato le accuse, avrebbero pubblicato on line il video dell'abuso. «Per il loro rilascio – ha detto Omar – sono intervenute persone influenti. La ragazza si sentiva in trappola».

Martedì la giovane, stanca di quel quel calvario iniziato l'anno scorso, ha deciso di uccidersi: si è cosparsa di liquido infiammabile e si è data fuoco in una strada centrale di Ben Guerir, a nord di Marrakech. È stata ricoverata con ustioni gravi su tutto il corpo, ma dopo qualche ora di agonia, è morta.

Il caso ha riportato alla mente la storia di Amina Filali, 16 anni, di Larache, che si uccise nel 2012 dopo essere stata costretta a sposare il suo stupratore: l'uomo evitò un processo dopo essere convolato a nozze grazie a una controversa legge abrogata nel 2014 dopo una pressante campagna di diversi gruppi che si battono per i diritti umani. All'epoca dei fatti, il padre di Amina raccontò alla stampa che la figlia gli aveva confessato lo stupro due mesi dopo. A nulla servì denunciare l'accaduto: lo stesso procuratore gli consigliò di far sposare la figlia al suo aguzzino per evitare che fosse travolta dallo scandalo. Ancora oggi, in molti Paesi, una donna che perde la verginità prima del matrimonio è considerata un disonore per la famiglia.
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