Meloni, la lunga notte verso Kiev: il viaggio in treno e la tappa a Leopoli. La telefonata con Biden, ora task force per l'energia

Oggi l’abbraccio con il leader ucraino: «L’Italia c’è». Visita anche nelle periferie

Meloni a Kiev, il viaggio nella notte (e al buio) sullo stesso treno che portò Draghi. Ora task force per l'energia
Meloni a Kiev, il viaggio nella notte (e al buio) sullo stesso treno che portò Draghi. Ora task force per l'energia
di Francesco Malfetano
Martedì 21 Febbraio 2023, 00:00 - Ultimo agg. 10:33
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PRZEMYSL - Il treno per Kiev non ammette distinguo. È sempre lo stesso che sferragliante supera il confine polacco, passa per Leopoli e macina più di seicento chilometri in undici ore. Non fa differenza che a bordo vi sia Joe Biden con il suo mezzo miliardo di aiuti aggiuntivi - come, a sorpresa, è accaduto ieri mattina - oppure che a salire sia Giorgia Meloni, come avviene invece nella notte. E così, ormai otto mesi dopo quel 16 giugno in cui Mario Draghi, Olaf Scholz e Emmanuel Macron resero celebre il tavolino in legno della carrozza in testa, anche ieri notte la stazione di Przemysl ha preso vita al buio. 

 

Il via vai di leader e parlamentari di mezzo mondo, del resto, è sempre al buio. «È più sicuro così» garantisce convinto chi è abituato a rassicurare i giornalisti che, sulla banchina, fissano quei vagoni argento, con sprazzi di giallo e di azzurro.

Parla di satelliti, droni e vari sistemi di difesa aerea. La fretta, gli elmetti che rimbalzano appesi agli zaini dei militari e il vento però, oscurano il resto. Anche Meloni che, archiviate nel pomeriggio le visite alle due anime della destra polacca (il premier Mateusz Morawiecki e il presidente Andrejz Duda), non si mostra ai giornalisti che la seguono. Neppure a Biden stesso, con cui si “sfiora” in aeroporto, senza riuscire a organizzare un faccia a faccia. Un colloquio telefonico sì. Entrambi sulla pista di Rzeszow, a meno di cinquecento metri di distanza, tornano a ribadirsi lo «stretto coordinamento sull’Ucraina» e «sull’assistenza in materia di sicurezza, economica e umanitaria». Tant’è che alla fine Biden si dirà «impaziente» di accogliere Meloni a Washington.

Al netto delle immagini affidate agli streaming, ad annunciare la premier - sul treno così come sull’aereo del 31esimo stormo che ha portato la delegazione dall’aeroporto militare di Varsavia all’avamposto di Rzeszow - è solo lo sbuffo di fumo della sua ultima sigaretta prima di salire a bordo. Così la sua missione in Ucraina ha inizio davvero. E lo fa proprio come aveva promesso a Volodymyr Zelensky: «Prima del 24 febbraio». Cioè prima che la follia putiniana torni allo zenith. E prima che, con un giro immenso che ha però già scavallato le Politiche e le Regionali, la sua maggioranza torni ad apparire spaccata nel sostegno all’Ucraina. 

Dalle cuccette polverose e poco illuminate «perché non si sa mai..» il palco dell’Ariston pare quindi molto più distante dei quasi duemila chilometri che lo separano dall’Oblast di Lviv. E ancor di più lo sembra quel seggio di via Ruffini a Milano da dove Silvio Berlusconi meno di una settimana fa preconizzava (di nuovo) il suo solipsismo moscovita. Cannonate che ora sembrano poco più che graffi su una carrozzeria fiammante. Proprio questo d’altro canto è per la premier il senso della giornata: dimostrare che, dichiarazioni e voti in Parlamento a parte, l’Italia c’è. Anche nei simbolismi e nella comunicazione che Zelensky tanto reputa centrale. L’Italia c’è e non solo con le armi. Il Samp-T, il sistema di difesa aerea italo-francese a lungo agognato dagli ucraini perché indispensabile a difendere le città dai continui bombardamenti russi su obiettivi civili. O ancora, con il suo assenso ai jet europei, il bottino più ambito dalla resistenza in questa fase della guerra. 

L’Italia c’è in quella lotta mediatica che è in parte diventato il conflitto. Meloni lo garantirà ancora oggi quando il presidente ucraino la abbraccerà davanti al palazzo presidenziale dove un anno fa le truppe speciali di Mosca speravano di ucciderlo. Ed è anche nei sobborghi della capitale dove la premier sarà accompagnata a vedere con i suoi occhi la devastazione del conflitto. Lì l’Italia c’è, e ci sarà. Specie quando macerie, buche e doverose commemorazioni inizieranno a cedere il passo ad un’attesissima ricostruzione. 

GLI AIUTI
Non è un caso che anche ieri siano partiti dalla Penisola diversi milioni di euro in materiale, trasformatori e gruppi elettrogeni raccolti dal “gruppo di lavoro emergenza elettrica Ucraina” voluto da palazzo Chigi. È il “piano luce” inaugurato a Parigi che trova nella diplomazia italiana una sponda decisiva per aiutare il popolo ucraino a superare l’inverno. Non è casuale altresì l’intenzione della premier di confermare a Zelensky la volontà di ospitare a Roma una conferenza sulla ricostruzione nel giro di uno o due mesi. Un vertice per mappare le aree di intervento prioritarie e dare una regia istituzionale alle tante aziende italiane già in fila per investire sulla ripresa ucraina. Impegni solenni agli occhi dell’uno e dell’altra. Promesse che questa notte però, in attesa di capire se la celebrazione della follia dell’invasione da parte del Cremlino si tradurrà davvero in un’offensiva massiccia o in un coinvolgimento più diretto di Bielorussia e Moldova, paiono sospese. Incollate ai cartelloni pubblicitari e agli striscioni usurati con cui Przemysl, Leopoli e Kiev ringraziano i suoi visitatori. 

 

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