«Amore, ce la faremo», l’ultimo sms di Baran annegata nella Manica

«Amore, ce la faremo» L’ultimo sms di Baran annegata nella Manica
«Amore, ce la faremo» L’ultimo sms di Baran annegata nella Manica
di Chiara Bruschi
Domenica 28 Novembre 2021, 08:00 - Ultimo agg. 11:26
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«Ce la faremo amore, vedrai», ha scritto Maryam Nuri Mohamed Amin al fidanzato Karzan mentre il gommone su cui viaggiava si stava sgonfiando. E mentre lei, insieme ad altri passeggeri di questo viaggio della morte tentava di ributtare l’acqua in mare. Gli aveva anche detto che i soccorsi sarebbero arrivati e prenderli e che sarebbero riusciti a raggiungere la costa inglese. Ma Baran, questo il soprannome della ragazza, non ce l’ha fatta. È suo il primo corpo che le autorità hanno identificato in seguito al naufragio di mercoledì scorso nel Canale della Manica che ha registrato almeno 27 morti: 17 uomini, 7 donne una delle quali incinta, e tre bambini. Un numero che purtroppo sembra destinato a salire: solo due i superstiti che potranno confermare l’ipotesi che circola da ore, ovvero che a bordo del gommone ci fosse una cinquantina di migranti. 

Il viaggio di Maryam doveva essere una sorpresa per il suo promesso sposo, che non sapeva del suo arrivo. Il giovane del Kurdistan, che ha ottenuto la cittadinanza britannica e lavora come barbiere a Bornemouth, cittadina della costa sud dell’Inghilterra, ha ricordato l’ultimo scambio di messaggi su Snapchat: «Ci stavamo scrivendo prima che il gommone iniziasse a sgonfiarsi – ha raccontato alla Bbc - Baran mi diceva che la barca si stava sgonfiando e che stavano cercando di tirare fuori l’acqua».

Karzan ha seguito la fidanzata tramite il Gps e quando ha perso il segnale, in mezzo allo stretto della Manica, ha iniziato a temere il peggio. «Non è qui, vuol dire che non ce l’ha fatta – aveva detto prima che arrivasse la conferma della morte della fidanzata – Sono rimasto in contatto con lei e la stavo seguendo con il Gps. Dopo quattro ore e 18 minuti dal momento in cui è salita su quel gommone, credo in mezzo al mare, l’ho persa».

 

Baran aveva solo 24 anni ed era originaria di Souran, nel Kurdistan iracheno, dove ora la sua famiglia e i suoi amici più cari ne piangono la morte. Era partita il 2 novembre insieme ad altre due donne per raggiungere Karzan, con cui si era fidanzata un anno fa. Aveva tentato per due volte di arrivare nel Regno Unito attraverso le vie legali, ha raccontato la famiglia, ma il processo era stato «ritardato» e Baran si era sentita costretta a intraprendere un’altra strada, quella del mare, con i rischi ad essa connessi. Come ha raccontato il padre Nuri Hamadamin, era arrivata in Germania e infine in Francia, dove è finita «in questo macello», ha aggiunto con una disperazione composta. «Il mondo parla dell’Europa come un posto tranquillo, piacevole. È questa la calma? Quasi trenta persone che muoiono in mezzo al mare?». L’uomo ha definito l’accaduto una «tragedia»: «Non solo per me ma per tutto il Kurdistan e il mondo intero», ha aggiunto parlando dei trafficanti di esseri umani che sono «mafiosi che trattano le persone disperate come animali». 

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Secondo una prima ricostruzione i migranti sono stati costretti a salire minacciati con una pistola. Due le imbarcazioni che sarebbero dovute partire, ma quando un motore non ha funzionato, sono stati spinti con la forza a bordo: «I trafficanti hanno costretto tutti a stringersi nell’unico gommone rimasto», ha raccontato Sanger Hamed, amico di altre due vittime. «Quando (Baran, ndr) ha lasciato il Kurdistan era molto felice, non riusciva a credere che si sarebbe riunita al marito – ha raccontato la migliore amica Iman Hassan alla Bbc – alla sua festa di fidanzamento mi aveva detto: “Comprerò una casa e vivremo vicine. Vivremo insieme”. Ha tentato di vivere una vita migliore, ha scelto il Regno Unito, ma è morta. Nessuno deve più fare questo viaggio – ha aggiunto poi per tentare di scoraggiare chi vuole tentare la stessa rotta - Nessuno merita di morire così. Era la mia persona speciale, spero sia in paradiso con mio padre». 

Baran, ha raccontato il cugino Krmanj Ezzat Dargali, non vedeva l’ora di cominciare una nuova vita con il suo compagno, ed era «piena di speranza» per il futuro. «La sua storia è uguale a quella di tanti altri - ha concluso con amarezza una partente della ragazza - Cercava una vita migliore». 

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