Notte di terrore, gli studenti a Parigi: «Gli agenti urlavano "Scappate tutti"»

Notte di terrore, gli studenti a Parigi: «Gli agenti urlavano "Scappate tutti"»
di Giorgia Pradolin
Sabato 21 Novembre 2015, 13:03 - Ultimo agg. 19 Marzo, 08:16
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Chi era al cinema, chi è passato sul luogo della sparatoria pochi minuti prima e solo più tardi ha capito di essere sfuggito alla morte. Sono numerose le testimonianze dei veneziani che venerdì sera si sono trovati nell’inferno di Parigi. E che solo ora trovano la forza di raccontare la loro terribile esperienza.



IL DOCENTE È il caso del prof. Fabrizio Marrella, docente di Diritto internazionale a Ca’ Foscari, si trovava in un cinema a Parigi, a Les Halles, a poca distanza da Place de la Republique dove sono avvenuti alcuni degli attentati. «Stavo guardando il nuovo film di James Bond - spiega Marrella - e al termine della pellicola, alle 23.30, non ci hanno fatto uscire ma radunati in una sala in attesa di istruzioni. Nessuno sapeva cosa stava accadendo e all'inizio ho pensato a un fuori programma pubblicitario».

Dopo una ventina di minuti però «ci hanno detto che era successa un'emergenza e di uscire dal secondo ingresso del cinema solo per andare al metrò, ma una volta lì un annuncio diceva che il mezzo era stato bloccato per emergenza». A detta del docente, un grande caos. «Gli annunci erano in francese e i turisti non francofoni vagavano senza assistenza e capire nulla, un inferno dantesco. Ho realizzato cos'era accaduto grazie a una telefonata dei miei familiari da Venezia che mi chiedevano se stessi bene».

A quel punto il docente decide di farsela a piedi per arrivare all'hotel, descrivendo un percorso desolato. «Era tutto chiuso e non c'era nessuno - prosegue il prof - finalmente ho visto due poliziotti, mitra in mano, che correvano verso la mia direzione. Mi hanno detto dove passare e urlando: "Corra a casa e si chiuda dentro! è un'emergenza nazionale"! Giunto in albergo, il veneziano ha appreso dai telegiornali i dettagli. «Alle 00.30 le dirette ripetevano che l'attacco era in corso, l'esercito in assetto da guerra stava prendendo posizione e di non uscire da casa o dall'hotel per nessun motivo».

All'indomani dell'attentato, la capitale francese è quasi deserta, lo testimonia un altro veneziano a Parigi, Marco Caberlotto: «Una città blindata, con militari per strada e davanti alle sinagoghe. Non sembrava la solita affollata e chiassosa città del sabato mattina, la gente camminava per strada a testa bassa e non aveva voglia di parlare. I cartelli luminosi indicavano la chiusura di scuole, musei biblioteche, ginnasi, piscine e mercati alimentari. Una città che si è fermata, una città sospesa».



GLI STUDENTI «Sto realizzando solo ora quello che è successo, ieri sera è stato tutto troppo veloce». La mattina dopo la strage, Ester Pigozzo è barricata in casa e tenta di governare uno stato d'animo inevitabilmente scosso. È stata costretta a passare la notte da un'amica perché tornare alla propria abitazione era troppo pericoloso. Solo a tarda sera, leggendo le notizie, ha realizzato di esser passata per la zona di Les Halles 15 minuti prima che si scatenasse una delle sparatorie. «Doveva essere un normalissimo venerdì sera» racconta ripercorrendo quell'incubo. Lei è una ventenne di Noale, studia a Ca’ Foscari e si trova con il progetto Erasmus alla Sorbona. Ester vive nel 16. arrondissement e venerdì, mentre i terroristi seminavano morti e terrore, era in compagnia di un'amica di Mirano nella zona di Place de la Bastille. Nell'11. arrondissement, proprio quello del Bataclan. «Al metrò gli altoparlanti dicevano che la fermata di Republique era chiusa per sicurezza ma inizialmente non ci abbiamo dato peso. Stavamo camminando per strada quando abbiamo iniziato a ricevere messaggi dall'Italia di amici preoccupati per noi. Poi abbiamo visto tutti uscire dai locali e telefonare, c'era il caos e una cameriera ci ha spiegato. Siamo riuscite a tenere la calma e abbiamo cercato riparo: prendere il metrò per tornare a casa mia non era possibile perché passava proprio vicino ai luoghi degli attentati, e nemmeno fermare un taxi. Abbiamo preso un'altra linea e ci siamo chiuse in casa della mia amica. Solo quando siamo arrivate abbiamo capito cosa era successo. Abbiamo subito tranquillizzato tutti in Italia, per fortuna eravamo al sicuro».

Meno drammatica la testimonianza di Samantha Ruvoletto, 28enne di Dolo, a Parigi per il dottorato in Linguistica dell'Università di Padova. «Io ero a casa - racconta - Altri miei amici erano al quinto arrondissement ma a loro non è successo niente. Un mio amico - continua la dottoranda - era allo stadio per vedere Francia-Germania. Alcuni amici che ho abitano nelle zone colpite hanno avuto difficoltà a tornare a casa. Da Charlie Hebdo siamo sempre stati in "Alarme Vigipirate"». Si tratta di uno stato di allarme attentati dove «da gennaio le forze dell'ordine controllano borse per entrare in certi negozi, controllano la carta studenti per l'università, i militari sono posizionati in molte zone, specie in quelle turistiche o nel quartiere ebraico».



I DUE FIDANZATI Anche Martina Covre e Alberto Stefenelli, fidanzati jesolani di 24 e 27 anni, il rientro in albergo è stato dramamtico. «Al momento delle prime esplosioni eravamo in metropolitana per raggiungere il nostro hotel vicino all'Opera - raccontano - all'improvviso ci è stato comunicato che la nostra fermata era chiusa e siamo dovuti scendere prima». Appena arrivati in strada hanno capito che era successo qualcosa di grave. «Abbiamo ricevuto sei messaggi dai nostri parenti - continuano - che ci chiedevano come stavamo. Abbiamo avuto molta paura, siamo corsi subito in hotel, dove inizialmente nemmeno gli addetti sapevano dirci cosa fosse accaduto. Come si sono mosse le forze dell'ordine francesi è stato incredibile, la città era blindata».



(Hanno collaborato Giuseppe Babbo, Gabriele Pipia e Riccardo Pavanello)