L'Italia prende tempo sulle nuove vie delle Seta: in bilico i rapporti con gli Usa

L'Italia prende tempo sulle nuove vie delle Seta: in bilico i rapporti con gli Usa
di Erminia Voccia
Venerdì 8 Marzo 2019, 14:45 - Ultimo agg. 19:53
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L'Italia non ha ancora una posizione netta riguardo l'adesione alle Nuove Vie della Seta, il vasto progetto infrastrutturale del presidente Xi Jinping disegnato per collegare attraverso un'enorme rete di infrastrutture marittime e terrestri - cintura e strade - il continente asiatico all'Europa e all'Africa. La firma sul memorandum di intesa alla Belt and Road Initiative (BRI) sarebbe dovuta arrivare durante la visita in Italia del presidente cinese Xi Jinping, atteso il 21 marzo, ma ora Roma vuole tempo per riflettere. Le ultime dichiarazioni del sottosegretario al Ministero dello Sviluppo Economico Michele Geraci intendono ridimensionare la portata della decisione dell'Italia, che diventerebbe il primo Paese occidentale, prima nazione del gruppo G7 e dell'UE, nonché primo membro fondatore dell'Unione, a sottoscrivere il trattato sulla BRI. Come sottolineato da Geraci, l'Italia sarebbe in procinto di sottoscrivere soltanto un accordo quadro, ovvero un patto che al momento non implicherebbe alcun tipo di obbligo, ma sarebbe la base su cui costruire possibili iniziative e sottoscrivere investimenti con la Cina riguardo i settori dei trasporti, delle grandi opere e dell'energia.



L'adesione alla BRI comporta un deciso spostamento geopolitico dell'Italia verso Pechino e naturalmente non piace agli Stati Uniti. Per Washington, il piano lanciato nel 2013 dal presidente Xi è un disegno finalizzato a estendere l'influenza cinese in Europa grazie agli investimenti. Roma in realtà ha puntato ad approfondire i legami con la seconda economia del mondo con la creazione della task force Italia - Cina del Mise affidata a Geraci e già nel 2017 pensava di prendere parte alla BRI. Paolo Gentiloni fu infatti uno dei pochi politici occidentali a presenziare al primo vertice sulla Belt and Road. La firma del memorandum di intesa era attesa a novembre 2018 quando l'Italia ha partecipato alla China International Import Export di Shanghai. La decisione venne rimandata ad aprile 2019 perché in ballo c'era la storica e fondamentale alleanza con gli Usa, che per rispondere ai piani di Pechino hanno varato la strategia dell'Indo-Pacifico.

A dare uno scossone alle voci sull'affare di cui si discute dunque da tempo tra Pechino e Roma è intervenuto Garrett Marquis sul Financial Times, rompendo il silenzio apparente sulle riserve Usa in merito all'adesione italiana alla BRI. Marquis, portavoce del Consiglio sulla sicurezza nazionale della Casa Bianca, ha esortato apertamente l'Italia a non prendere parte alle Nuove Vie della Seta. «Siamo scettici sul fatto che il sostegno del governo italiano porterà benefici sostanziali agli italiani - ha detto Marquis - e potrebbe finire per danneggiare la reputazione globale dell’Italia sul lungo periodo». Gli ha risposto il portavoce agli Esteri di Pechino: «Gli Usa pensino agli affari propri. La posizione americana fa sorridere. L'Italia sa benissimo quali politiche servono i suoi interessi e può prendere decisioni in maniera indipendente».
 

A fare gola all'Italia sono gli investimenti cinesi greenfield nei porti italiani, a cominciare da quello di Trieste, che porterebbero utili all'Italia, anello di collegamento naturale tra l'Asia, l'Africa e il Nord Europa. Tuttavia, il progetto faraonico della BRI sta incontrando numerosi ostacoli di natura politica e la Cina, di solito aperta agli investimenti nelle infrastrutture, avrebbe problemi a comprendere i tentennamenti italiani verso le grandi opere. A frenare l'Italia, inoltre, non è solo l'eventuale rottura della tradizionale amicizia con Washington, ma anche le riserve di Bruxelles sulla trasparenza degli investimenti cinesi. La Commissione Europea ha esortato l'Italia a «rispettare l’unità dell’Ue» nell'attuazione delle scelte politiche verso la Cina. Proprio quando Xi Jinping sbarcherà in Italia, tra il 21 e il 22 marzo, si terrà a Bruxelles il Consiglio Europeo, in parte dedicato alla preparazione del vertice UE-Cina fissato per il 9 aprile.
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