Spagna: un 'me gusta' in Facebook può costare multa da 600 euro

Un'azione di protesta di Greenpeace, che ha messo il bavaglio ai leoni davanti il Congresso dei deputati
Un'azione di protesta di Greenpeace, che ha messo il bavaglio ai leoni davanti il Congresso dei deputati
di Paola Del Vecchio
Sabato 11 Marzo 2017, 13:35
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Madrid. La chiamano Ley mordaza, perché ha imposto il bavaglio, il morso da cavallo alla democrazia in Spagna. E’ la tristemente nota la ‘legge di sicurezza cittadina’, che erode libertà costituzionali, da quella di espressione a quella di manifestazione o di semplice riunione. Uno degli esempi più eloquenti è il caso di una donna di Alicante che pubblicò sul suo muro di Facebook la foto di un’auto dei vigili urbani parcheggiata in un posto riservato ai disabili: ha dovuto pagare una multa da 800 euro, su denuncia dello stesso vigile che aveva commesso l’infrazione, senza che l’evidente conflitto di interessi fosse di ostacolo al processo amministrativo. E 600 euro hanno dovuto pagare alcune decine di internauti solo per aver cliccato un ‘me gusta’, un ‘I like’ a un video che riprendeva l’inseguimento di un poliziotto a un presunto delinquente in Galizia, diventato virale nelle reti sociali e riprodotto 17mila volte.
Dall’entrata in vigore della legge, approvata nel luglio 2015 dal governo Rajoy, con l’opposizione di tutti i partiti, gli esempi si sprecano. Non sono solo le sanzioni previste: multe da 30.000 euro per chi protesta pacificamente davanti a sedi istituzionali o al Parlamento, sanzioni fino a 6.000 euro per fotografare agenti, o mancare loro di rispetto e per una miriade di altre azioni destinate a “perturbare l’ordine cittadino”. Ma è soprattutto il fatto che a comminarle non è l’autorità giudiziaria, bensì i corpi di sicurezza. Con la conseguenza che - a parte i ricorrenti casi di abuso di autorità - i denunciati diventano pregiudicati, senza essere mai passati davanti a un giudice. La legge autorizza, infatti, la tenuta di un ‘Registro centrale di infrazioni contro la Sicurezza Cittadina”, una specie di casellario giudiziario, dove il ministero degli Interni scheda gli autori delle infrazioni, “a soli fini di recidiva”.  
Fino al gennaio scorso erano 40.000 le sanzioni imposte, delle quali oltre 6.200 per “mancanza di rispetto” agli agenti, una media di 30 al giorno. E il morso ha imbrigliato anche Facebook e Twitter.
Ma non solo. Un fotoreporter del Diario de Burgos denunciato per resistenza a pubblico ufficiale per non aver voluto cancellare le foto di un incidente sul lavoro, per ordine della Guardia Civile. Una cittadina multata per aver partecipato a una manifestazione, peraltro autorizzata dalla prefettura, a favore del salario minimo di sussistenza e contro gli sfratti. Un giornalista, Axier Lopez, sanzionato con 601 euro dalla prefettura di Guipuzcoa, nei Paesi Baschi, per aver pubblicato sulla pagina Twitter del quotidiano on line  ‘Argiá’, le foto di un’operazione di polizia effettuata in strada e alla luce del sole, nella stessa settimana in cui il governo bis di Mariano Rajoy, minoritario, annunciava la disponibilità a modificare la polemica normativa, come richiesto da tutte le altre forze politiche.
Sono tutti eccessi contenuti nel rapporto annuale che la Ombudsman, il difensore del popolo, Soledad Becerril, ha presentato la scorsa settimana al Parlamento e al Senato, e in cui denuncia, la cattiva pratica nell’applicazione della contestata normativa. “L’esercizio di un diritto costituzionale non può mai essere oggetto di sanzione”, scrive la Becerril nel rapporto, in cui evidenzia che il bavaglio e gli abusi riguardano due tipologie di casi: quelli relativi al diritto di riunione – come la multa per partecipare a una manifestazione legalmente convocata; e quelli che colpiscono la libertà di informazione. E invoca il rispetto dei principi di costituzionalità e proporzionalità delle sanzioni nel dossier consegnato alle Camere, che ancora non hanno iscritto all’ordine del giorno due proposte di modifica della contestata normativa, presentate dal Psoe e dal Partito nazionalista basco nel dicembre scorso.
Unica novità positiva è che la battaglia legale intrapresa  dal Difensore del popolo e dal quotidiano Argiá contro la sanzione è riuscita negli ultimi giorni a portare a casa la prima vittoria dei critici della ‘ley mordaza’: una settimana prima che il caso arrivasse in tribunale, il ministero degli interni, attraverso la prefettura nei Paesi Baschi, ha deciso di annullare la multa imposta al giornalista di 'Argiá' nell’esercizio della professione, ammettendo che vulnerava diritti fondamentali.
 
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