Il #MeToo dopo la morte di Park, sindaco di Seul: in Corea del Sud le donne ancora senza voce

Il #MeToo dopo la morte di Park, sindaco di Seul: in Corea del Sud le donne ancora senza voce
di Erminia Voccia
Martedì 14 Luglio 2020, 15:51
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A Seul si sono svolti i funerali pubblici del sindaco Park Won-soon, trovato morto la scorsa settimana in una zona boscosa su una collina a nord della capitale della Corea del Sud. Il sindaco si sarebbe tolto la vita dopo che una sua assistente lo aveva accusato di molestie sessuali per averle inviato messaggi e immagini oscene sul cellulare. La notizia della morte di Park ha sconvolto la Corea del Sud perché il sindaco era considerato un personaggio politico molto vicino al presidente Moon Jae-in e per la sua grande fama di difensore dei diritti delle donne. Era visto anche come il volto che avrebbe potuto sostituire Moon nel 2021, dopo la scadenza del mandato dell'attuale presidente. Park si dipingeva quale politico femminista, si era speso per la parità di genere ed era stato un difensore del movimento #MeToo, esploso nel 2018 anche in Corea del Sud ma che ad oggi non sembra aver raggiunto grandi risultati.
 
Da avvocato per i diritti umani, Park è stato il primo a vincere una causa per molestie sessuali in Corea del Sud nel 1998 dopo anni di battaglie legali in cui aveva difeso l'assistente di un professore della National University di Seul che aveva subito delle avance ed era stata licenziata da lui dopo averlo respinto. Da sindaco, aveva invece contribuito a rendere la città più sicura per le donne, spesso vittime di abusi, e aveva introdotto delle norme per rendere le case più accessibili alle lavoratrici single, come ricorda The Diplomat. Il punto è che Park Won-soon è la terza persona del Partito Democratico, e quindi membro del campo progressista guidato dal presidente Moon attualmente al potere, ad essere accusato di molestie sessuali. Prima della morte di Park, Oh Keo-don, sindaco di Busan - seconda città per grandezza dopo Seul - era stato costretto a dimettersi dopo essere stato accusato di molestie sessuali. Ahn Hee-jung, ex governatore del South Chungcheong, era stato oggetto delle medesime accuse. Lo stesso Moon era stato eletto nel 2017 con la promessa di cambiare in meglio la condizione delle donne.

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La società sudcoreana è considerata una società patriarcale e quindi per le donne sarebbe particolarmente difficile difendersi e denunciare abusi, soprattutto quando le molestie o le violenze provengono da colleghi o superiori. Il movimento #MeToo si è diffuso nel Paese a partire da due anni fa, quando la Corea del Sud veniva indicata come uno dei posti peggiori al mondo per le donne. L'argomento è molto delicato, tanto che il Ministero della Famiglia e della parità di genere è stato criticato per non aver preso posizione in merito alla vicenda del sindaco Park. Il Ministero dovrebbe rappresentare la voce delle donne nella società e in effetti ha lavorato per estirpare diversi reati a sfondo sessuale supportando anche la battaglia del movimento #MeToo. Un avvenimento recente ha però indignato i cittadini coreani: il silenzio sulla decisione di un tribunale locale di negare la richiesta di estradizione negli Usa di Son Jung-woo, un uomo coinvolto nelle attività di uno dei più grandi siti pedopornografici al mondo e da poco uscito di prigione.
 
Tanto resta da fare per le donne in Corea del Sud. Lo dimostra una ricerca della Hanyang University di Seul. Secondo le stime, il 98% dei responsabili di abusi e molestie sono uomini e l'86% delle vittime sono donne. I dati sono allarmanti: 3,4 casi registrati ogni ora. I casi di molestie nella maggior parte dei casi riguarda i luoghi di lavoro. Uno studio ha svelato che in 8 casi su 10 le donne sono subiscono abusi da colleghi uomini. Il 78% di loro non ne parla e solo il 22% denuncia.
 
 
 
 
 
 
 
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