Il procuratore Berman di New York: «Non mi dimetto». E Trump lo licenzia

Il procuratore Berman di New York: «Non mi dimetto». E Trump lo licenzia
di Anna Guaita
Sabato 20 Giugno 2020, 22:40 - Ultimo agg. 22:59
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NEW YORK – La lealtà prima di tutto. Questo è il tributo che Donald Trump chiede dai suoi collaboratori e sostenitori. E quando sente che la lealtà è stata tradita, non ci pensa due volte a disfarsi dell’individuo che lo ha deluso. Questa visione in bianco e nero lo ha portato a licenziare il procuratore federale di New York, Geoffrey Berman, un uomo che proveniva dalla sua scuderia e in cui si era aspettato di trovare un alleato compiacente. Senonché, nell’esercizio della giustizia, Berman si è rivelato un uomo super partes, mostrandosi disposto a indagare sospetti casi di corruzione anche fra i membri della Casa Bianca.
 
Inizialmente, Trump aveva sperato di ottenere da Berman le dimissioni, per non agitare troppo le acque. Ma il procuratore aveva reagito alle voci di una sua uscita volontaria con un gelido: «Non mi sono dimesso e non intendo dimettermi». Anzi, aveva affermato che intendeva continuare le indagini a cui lavorava «senza ritardi, interruzioni e ostacoli». Poche ore dopo, dalla Casa Bianca giungeva un annuncio: «Sei licenziato».
 
Berman era stato scelto dal precedente ministro della Giustizia Jeff Sessions, in quanto  repubblicano e già collaboratore di Trump. Era stato mandato a sostituire a Manhattan il procuratore Preet Behrara, considerato un duro anti-Trump.
 
Al posto di Berman, Trump ha adesso scelto un sostituto pro-tempore, Craig Carpenito, attualmente in servizio nel New Jersey, in attesa di nominare in luglio l’attuale direttore della Sec, Jay Clayton. Insomma un giro di poltrone che ha scatenato i sospetti dei democratici, subito partiti all’attacco: «Cosa ha fatto arrabbiare il presidente – ha commentato il senatore Chuck Schumer -, forse qualche inchiesta passata o qualche inchiesta che sta per avvenire?»
 
Affrontando la carriera di procuratore con la massima serietà, Berman aveva seguito casi di enorme peso, come quello sul pedofilo miliardario Jeffrey Epstein. Fra gli altri, ci sono stati casi che hanno toccato anche la figura di Trump. Berman ad esempio ha mandato in galera l’ex avvocato del presidente, Michael Cohen, per frode fiscale e violazione delle leggi sul finanziamento della campagna elettorale, e stava indagando sull’attuale consigliere legale di Trump, l’ex sindaco di New York Rudy Giuliani, per le sue attività in Ucraina. Corre voce che stesse anche per presentare delle conclusioni su altri due incartamenti che potrebbero danneggiare il presidente, quello sulle sue tasse e quello sui suoi rapporti con la Deutsche Bank.
 
Adesso che si è liberato da questo incomodo,  Trump però si trova davanti un altro nodo da risolvere. Il senatore della South Carolina, Lindsey Graham, capo della Commissione Giudiziaria del Senato, gli ha fatto sapere che non intende mettere ai voti la candidatura di un altro candidato per la procura di New York se non c’è il benestare dei due senatori dello Stato, Chuck Schumer e Kirsten Gillibrand. Ma nè l’uno nè l’altra hanno dato parere positivo su Clayton, e anzi lo hanno invitato a «ritirarsi prima di vedere il proprio nome coinvolto in questo inganno».



 
 
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