Propaganda, economia e paura: dietro le quinte del discorso di Putin

L'analisi sull'intervento del presidente russo

Vladimir Putin
Vladimir Putin
di Luca Marfé
Martedì 21 Febbraio 2023, 19:52 - Ultimo agg. 22 Febbraio, 19:33
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Meno di due ore e nessuna novità. Ma una miriade di aspetti da analizzare.

Putin parla alla nazione russa, in un discorso che gli americani vedono come il loro discorso a camere riunite, una sorta di Stato dell’Unione.

Parla poco, in realtà. E si sbilancia, sia in termini di tempi che in termini di enfasi, più su questioni economico-sociali interne che non sulla guerra in sé.

Punto primo: la propaganda.
Plateale, evidentissima, sempre la stessa: la colpa è dell’Occidente, la Nato si è espansa troppo, siamo entrati in Ucraina per difendere la Russia, per salvare la nostra gente e addirittura per salvare noi stessi, la nostra sicurezza. Su questo fronte, un po’ come sul fronte delle conquiste, non aggiunge assolutamente nulla, né di nuovo né di vero.

E infatti volta pagina piuttosto in fretta, per dedicarsi paradossalmente ad altro.

Punto secondo: l’economia.
In salute
, stando ai suoi di dati, quella della Russia. Dati facilmente manipolabili, in un Paese così chiuso al mondo esterno e così incentrato sulla figura di un unico leader, di un Cremlino che tratta i suoi ministeri alla stregua di banali succursali. Dati, però, per certi versi effettivamente migliori di quelli occidentali. Con l’inflazione ad esempio, su cui Putin calca pesantemente la mano, che in Russia aleggia attorno al 4% e che negli Stati Uniti sì e no riesce a stare, e non senza fatica, e non senza la mano tesa dello Stato, di poco sotto la doppia cifra. E proprio con l’Occidente che nel frattempo, oramai da un anno, decanta l’imminente default dell’economia russa. Default che tuttavia, piccolissimo particolare a margine, no, non arriva.

Economia, economia e ancora economia.
C’è una domanda che nessuno sembra porsi.

Ed è questa.

Perché Putin insiste tanto poco sulle (poche) conquiste e insiste invece tanto sull’economia?

In un’unica risposta, di colpo, tutte le sue paure: perché sa che la gente soffre.
Perché sa che i russi hanno un gran bisogno di essere rassicurati riguardo alle loro preoccupazioni, al loro destino, e in certe geografie più lontane da Mosca, persino riguardo alla possibilità di mettere un piatto a tavola per sé e per i propri figli.

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Tanti “muscoli” ostentati per un indice paradossalmente di sofferenza, dunque.
Quello di un accento così marcato su questioni che in un tempo di guerra potrebbero e dovrebbero scivolare in secondo piano. Potrebbero e dovrebbero, se la sofferenza non dilagasse, appunto.

Stesso identico ragionamento per le questioni sociali. Promette investimenti, insegnanti, scuole, più in generale cultura e futuro. Per far sì che il popolo non si senta abbandonato in un lungo momento così critico. Per far sì che i russi non gli voltino le spalle adesso.

E ancora, stesso identico ragionamento pure per il minuto di silenzio. Per i militari morti, per tutti coloro che hanno perso qualcuno. Perché lui possa sembrare sempre e comunque dalla loro parte, anche quando ha torto.

Per concludere, dietro a tante parole roboanti, e in mezzo a tanta propaganda di Mosca e ad altrettanta propaganda di Washington, di Putin si nasconde, ma si nasconde male, una cosa sola: la sua paura.

Di perdere il contatto con il suo popolo, di perdere la guerra, di perdere tutto. Compresi il suo potere e la sua vita.

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