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Russia, Putin sta finendo i missili e non può produrne altri: quelli che restano sono pochi, vecchi e imprecisi

Erano oltre 2.700 quelli a disposizione delle truppe, ora ne sono rimasti 500

Putin sta finendo i missili e non può produrne altri. Quelli che restano sono pochi, vecchi e imprecisi
Putin sta finendo i missili e non può produrne altri. Quelli che restano sono pochi, vecchi e imprecisi
di Marco Ventura
Articolo riservato agli abbonati
Lunedì 9 Gennaio 2023, 07:03 - Ultimo agg. : 10:02
4 Minuti di Lettura

«Abbiamo ucciso 600 soldati ucraini a Kramatorsk». Tradisce ansia di vendetta il portavoce del ministero della Difesa russo, Serhii Cherevatyi, che informa i giornalisti di un attacco missilistico contro una caserma ucraina alla ripresa dei combattimenti dopo la parziale tregua di Natale di Putin. Gli ucraini smentiscono immediatamente, e media internazionali indipendenti tra cui alcuni finlandesi diffondono le foto dei due edifici-dormitorio dove i missili russi avrebbero fatto strage di militari. Si vedono buchi e voragini solo sul terreno circostante. E il sindaco di Kramatorsk, nel Donetsk, teatro dell'attacco, parla di danni materiali. Nessuna vittima. Resta invendicato il bombardamento ucraino a Makiivka, dove un istituto commerciale che ospitava 600 soldati russi è stato centrato e distrutto nei giorni scorsi: 89 morti ufficialmente per Mosca, 400 secondo gli ucraini. L'incognita ora riguarda gli stock residui di missili russi dopo il dispendio micidiale, quotidiano, di attacchi alle infrastrutture energetiche del Paese per ridurre al buio e al gelo gli abitanti delle città. 

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Il ministro della Difesa di Kiev, Oleksii Reznikov, in base alle informazioni dei servizi segreti militari ha calcolato di quanto sono scese le scorte del nemico. Numeri alla mano, risulta che i russi a furia di sparare si sono ridotti col 19.3 per cento dei missili tattici di cui disponevano prima della guerra più quelli che sono stati via via prodotti dall'industria bellica russa. Erano in totale 2.777, ne sono rimasti 536. Quasi l'81 per cento sono stati usati. Cifre anche più preoccupanti per i generali di Putin riguardano i droni di fabbricazione iraniana: ne sarebbero rimasti appena 90, il 12 per cento, rispetto ai 750 che avevano. Anche per questo, forse, sono diminuiti gli attacchi. In attesa, osserva l'Institute for the Study of War che analizza i dati di Reznikov, di altri 1.000 droni da Teheran, in scorte da 2-300 per invio. «Le forze russe continuano a consumare il loro arsenale missilistico scrive l'Isw ma è probabile che siano ancora in grado a breve termine di minacciare le infrastrutture critiche ucraine e i civili». In particolare, i missili le cui scorte si sono più assottigliate sono gli Iskander 9M723 con oltre 400 km di gittata, progettati per eludere le difese anti-missilistiche con violente manovre nella fase terminale del volo e col rilascio di esche. Erano ben 836, ne sono rimasti 92, poco più di un decimo. Il 16 per cento è quanto resta dell'arsenale di Kh-101 (e 555), missili da crociera implementati anche sui Tupolev, un tipo di arma che sembrava ormai abbandonato ed è invece ricomparso proprio con la guerra in Ucraina, tanto che i russi ne hanno prodotti il 65 per cento nel corso delle operazioni. Poco usati invece i missili Kinzhal ipersonici aviolanciati (ne resta l'84 per cento), montati sui Mig31, mentre i generali di Mosca hanno largamente attinto allo stock di missili Kalibr scagliati dalla flotta del Mar Nero, micidiali ma ormai ridotti ad appena 59. 

Video

Due gli elementi che l'Isw tiene a evidenziare. Il primo è che ai russi sono rimasti per lo più sistemi d'arma meno precisi dei missili strategici, come gli S-300 e i 3M-55 Onyx. L'altro elemento riguarda la capacità di produzione bellica della Federazione russa, che dopo l'invasione è stata insolitamente bassa. «Un Paese osserva l'Isw normalmente incrementa la produzione di missili, razzi e altri sistemi d'arma e le relative munizioni, e mette l'industria militare sul piede di guerra appena la guerra comincia. La Russia non lo ha fatto». O per paura di ripercussioni economiche o per criticità del sistema. È però a un missile che sembra affidarsi il leader ceceno Kadyrov, che in un post notturno suggerisce con brutale franchezza di uccidere Zelensky. Non serve, premette, preoccuparsi per gli aiuti occidentali a Kiev. Siccome la guerra adesso avviene su territorio russo (il riferimento è alle regioni annesse da Putin) «non dovrebbero esserci negoziati, dobbiamo colpire la tana dei satanisti nel centro di Kiev. È necessario colpire il principale difensore e agitatore di questa vile ideologia: Zelensky». E conclude appellandosi ai «valori». «Gli ucraini stanno morendo invano per il diritto dell'Occidente di tenere sfilate arcobaleno davanti ai bambini. Sodoma e Gomorra furono punite dall'Onnipotente. Oggi questa spada della sacra punizione è nelle mani della Russia».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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