Putin solo, anche gli ex Stati sovietici si sganciano dalla Russia e cercano nuovi alleati

Dal Kazakistan all'Armenia, i nuovi scenari

Putin solo, anche gli ex Stati sovietici si sganciano dalla Russia e cercano nuovi alleati
Putin solo, anche gli ex Stati sovietici si sganciano dalla Russia e cercano nuovi alleati
Martedì 31 Gennaio 2023, 10:48 - Ultimo agg. 1 Febbraio, 10:34
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Da più di vent’anni la politica estera della Russia persegue con forza due obiettivi principali. Il primo - come spiega Aldo Ferrari, responsabile del Programma Russia, Caucaso e Asia Centrale dell’Ispi e professore all’Università Ca’ Foscari di Venezia - è costituito dalla volontà di mantenere un ruolo fondamentale nello spazio post-sovietico, il cosiddetto “estero vicino”, in particolare evitando l’ulteriore espansione della Nato al suo interno dopo quella avvenuta nel 2004, che ha incluso anche le tre repubbliche baltiche. Il secondo obiettivo, prosegue Ferrari nella sua analisi, è stato dapprima indicato da Evgenij Primakov, ministro degli Esteri e primo ministro sotto Eltsin, e poi almeno in parte realizzato da Vladimir Putin dall’inizio della sua ascesa al potere: «Si tratta della costruzione di un nuovo scenario politico internazionale fondato su un equilibrio multipolare, che rifiuta quindi l’egemonismo statunitense e più in generale la pretesa occidentale a un primato non solo politico, economico e militare, ma anche nella sfera dei valori».

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Rapporti difficili

Ma con l’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca lo scenario è cambiato e i rapporti tra la Federazione Russa e le Repubbliche ex sovietiche dell’Asia centrale sono diventati sempre più complessi e turbolenti.

Il Cremlino infatti deve affrontare l’ostilità di Paesi un tempo fedeli, che dopo aver constatato le grandi difficoltà nelle quali versa l’esercito russo in Ucraina hanno solidarizzato, in modo più o meno velato, con Volodymyr Zelensky. Lasciando inoltre intendere di essere pronte a un cambiamento di fronte, considerata l’evoluzione della situazione. Funzionari degli ex stati sovietici dell’Asia centrale e del Caucaso, scrive Bloomberg in un approfondimento, affermano che la guerra ha spinto i loro governi a cercare soluzioni per ridurre la dipendenza da Mosca, rivolgendosi a potenze rivali tra cui la Turchia, l’Unione europea e i Paesi del Medio Oriente. Mosca sta reagendo nervosamente, e anche con fermezza, poiché vede progressivamente sgretolarsi la capacità di affermare la propria influenza. La Russia è stata per decenni «un guardiano nell’Eurasia settentrionale, dove non poteva accadere nulla che non piacesse al Cremlino», sottolinea Ekaterina Schulmann, esperta di politica russa. «Ora sembra che le cose stiano cambiando, la Russia difficilmente uscirà più forte dalla guerra in Ucraina e questo rende a dir poco problematico imporre la propria volontà ai vicini».

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Nuovi legami

L’invasione ha spinto anche alleati tradizionali come il Kazakistan e l’Armenia a costruire attivamente legami con le potenze che Mosca a lungo ha cercato di tenere a bada nella regione. L’Armenia ha subito attacchi pesanti nel Nagorno Karabakh da parte dell’Azerbaigian e finora Mosca ha sempre protetto gli armeni dalle mire dello Stato confinante, molto più potente grazie alle ingenti risorse energetiche di cui dispone. Dopo l’attacco l’Armenia ha rivolto un appello disperato a Putin chiedendogli di intervenire, richiesta caduta nel vuoto per l’ovvio motivo che le truppe russe sono impegnate in Ucraina. Altra Repubblica inquieta è il Kazakistan, il cui punto di forza sono le sue enormi riserve minerarie ed energetiche: il presidente Qasim-Jomart Tokayev è alla ricerca costante di autonomia e non esita a criticare la Federazione Russa in modo aperto. Non ha approvato l’invasione dell’Ucraina né la richiesta d’indipendenza di Donetsk e Lugansk, al contrario ha favorito l’installazione a Bucha, cittadina ucraina teatro di massacri da parte delle truppe russe, di alcune yurte, le tipiche abitazioni dei nomadi kazaki. Qui vengono accolti i soldati ucraini che hanno bisogno di riposare e rifocillarsi dopo i combattimenti.

Il petrolio

Annunciando la sua invasione del 24 febbraio 2022, Putin all’epoca citava il Kazakistan come modello ideale di relazione con gli stati dell’ex Unione Sovietica. A gennaio aveva inviato truppe per aiutare il presidente a reprimere rivolte sanguinose, eppure Tokayev ha mostrato aperto disaccordo sulla guerra del Cremlino, consentendo a centinaia di migliaia di russi di rifugiarsi in Kazakistan. «La Russia sta diventando sempre più tossica», attacca Beibit Apsenbetov, ex membro del consiglio della principale banca del Kazakistan, Kazkommertsbank JSC. «Cosa fare quando il tuo vicino è sconsiderato e non puoi andartene?». L’oleodotto attraverso il quale il Kazakistan invia circa l’80% delle sue esportazioni di petrolio, infatti, attraversa la Russia fino al porto di Novorossijsk, sul Mar Nero, a meno di 100 miglia dalla Crimea occupata. A novembre, il Kazakistan ha dichiarato che avrebbe aumentato le esportazioni di petrolio attraverso il Mar Caspio di 1,5 milioni di tonnellate, immettendo petrolio nell’oleodotto Baku-Ceyhan che va dall’Azerbaigian alla costa mediterranea della Turchia. Tokayev ha annunciato che i flussi lungo il percorso, che aggira la Russia, potrebbero salire a 20 milioni di tonnellate e nell’ultimo anno il presidente ha stretto legami difensivi con la Turchia, recandosi inoltre in Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi Uniti per rafforzare la cooperazione commerciale e di investimento.

Canali commerciali

Quanto al vicino Uzbekistan, fortemente dipendente dal commercio con la Russia, stava cercando di aprirsi a nuove alleanze anche prima della guerra. A luglio ha firmato un accordo rafforzato di cooperazione con la Ue. A dicembre, dopo il secondo incontro nell’ambito di un nuovo dialogo di partenariato strategico con gli Stati Uniti, una dichiarazione congiunta ha accolto con favore la «volontà della nazione di stabilire nuove rotte commerciali e diversificare i mercati di importazione ed esportazione». Per effetto delle sanzioni internazionali in risposta alla guerra che bloccano le rotte commerciali verso ovest della Russia, i vicini ex sovietici di Mosca sono diventati ancora più importanti come canali per il commercio. Le esportazioni verso la Russia da altri membri dell’Unione economica eurasiatica guidata da Mosca - Bielorussia, Kazakistan, Armenia e Kirghizistan - sono aumentate vertiginosamente e in crescita sono anche le esportazioni turche verso la Russia.

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