Ucraina, il generale Bertolini: «Putin ha già il controllo di una parte del Paese, e senza negoziati vincerà»

Marco Bertolini ha comandato in passato il 9° Reggimento “Col Moschin”: «In realtà è una guerra molto veloce.

Ucraina, il generale Bertolini: «Putin ha già il controllo di una parte del Paese, e senza negoziati vincerà»
Ucraina, il generale Bertolini: «Putin ha già il controllo di una parte del Paese, e senza negoziati vincerà»
di Ebe Pierini
Lunedì 7 Marzo 2022, 06:30 - Ultimo agg. 22 Febbraio, 10:32
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Proseguono gli sforzi diplomatici per cercare di garantire corridoi umanitari e addivenire alla pace. Ma in Ucraina si continua a morire. Il generale Marco Bertolini che ha comandato in passato il 9° Reggimento Col Moschin, il Comando interforze per le operazioni speciali nonché il Comando operativo di vertice interforze, analizza la situazione.

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Generale come valuta la strategia militare della Russia?
«È una guerra molto veloce. Segue una sua pianificazione. Si tratta di un conflitto che definirei metodico. Putin ha quasi consolidato il collegamento con Crimea e Donbass.

Ha preso il controllo di 2 punti strategici come le centrali nucleari di Chernobyl e Zaporizhzhia, ha quasi circondato Kiev lasciando aperta una strada per uscire. Sta puntando ad Odessa. Sta procedendo evitando di impegnarsi troppo nelle città per evitare eccessive perdite. Il Paese, ad est del Dnepr, lo controlla. L'Ucraina è un Paese immenso, grande come la Francia e una parte della Germania. Per sottrarre a Belgrado il Kosovo che è un territorio molto piccolo, impiegammo 70 giorni di bombardamenti. Anche in Iraq la guerra è durata molto di più. Inoltre l'esercito ucraino, composto da circa 200.000 militari, è ben organizzato e possiede mezzi e dottrina di matrice sovietica. Gli ufficiali ucraini posseggono una preparazione analoga a quella dei colleghi russi». 

C'è il rischio di una guerra nucleare?
«Qualora succedesse l'escalation sarebbe incontrollabile. Dopo che la bomba atomica venne utilizzata dagli Stati Uniti su Hiroshima e Nagasaki in seguito è stata impiegata solo come deterrente. Usarla come arma avrebbe conseguenze soprattutto contro la stessa Russia. Putin non ha bombardato la centrale di Zaporizhzhia. Si è trattato di granate illuminanti. Se avesse provocato infatti un incidente nucleare il fallout, vale a dire la ricaduta radioattiva dell'esplosione, avrebbe interessato essenzialmente Donbass e Russia. Piuttosto è interessato a controllare le centrali per tutelarsi e perché esse sono fondamentali per l'alimentazione energetica dell'Ucraina». 

Quale pensa che possa essere la soluzione?
«Le sanzioni sono una misura importante e sostanzialmente corretta. Non facciamo la cosa giusta impedendo a un direttore d'orchestra di dirigere un concerto o cancellando le lezioni su Dostoevskij. L'ultima alternativa per la Russia, se non c'è dialogo, rimarrebbe vincere militarmente. Si arriverà a una soluzione se proseguiranno i negoziati, se verranno aiutate entrambe le parti a trovarsi attorno a un tavolo e se non verranno istigate a proseguire. L'alternativa è la sconfitta di uno dei due interlocutori e, dal punto di vista militare, non c'è dubbio che a soccombere sarebbe l'Ucraina. Si tratta di una guerra tra due Paesi europei che ci riguarda molto da vicino per questioni economiche e culturali. Se la Nato intervenisse in Ucraina i limiti sarebbero superati. Da militare avrei molta paura di una guerra estesa a tutta l'Europa. Questo comporterebbe un coinvolgimento anche nostro e noi siamo militarmente e socialmente impreparati. In questi giorni diversi Paesi stanno cercando di mediare per raggiungere una tregua e magari un accordo». 

Chi può riuscire nell'intento?
«Israele può fare molto perché è un Paese che viene ascoltato da tutti e perché ospita una considerevole comunità proveniente da Russia e Ucraina. Inoltre ha interessi importanti condivisi con Mosca. Anche la Cina è un interlocutore fondamentale. In questo momento è più uno spettatore attento che cerca di vedere quali interessi potrà ricavare nel dopoguerra. È comunque uno dei pochi Paesi che continuano ad avere rapporti con la Russia. Ritengo che un ruolo importante possano averlo anche Francia e Turchia, che appartengono alla Nato. Macron continua a parlare con Putin. La Francia ha inviato anche militari ma ha dato disposizione alle sue industrie di non lasciare la Russia. La Turchia guarda a quello che sta succedendo con grande interesse e non si è unita al cicaleccio occidentale ma si è mostrata prudente e misurata».

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